Nel suo nuovo libro il “profeta del rock” attacca l’«industria» che campa sulla «demolizione della famiglia» con pagine scorrettissime e durissime: «Fingono innocenza con le mani insanguinate»
È uscito The Philosophy of Modern Song (Simon & Schuster), il primo libro scritto da Bob Dylan dopo la vittoria del Premio Nobel per la letteratura. Le aspettative erano alte ma il musicista-scrittore non ha deluso. In 66 saggi brevi Dylan riflette su altrettante canzoni, spiegandone le storie e squadernando le impressioni sul mondo che i “suoi” brani gli ispirano. Con una scrittura zeppa di elementi fantastici, sorprese, depistaggi, calembour e meraviglie, a detta del coro unanime dei commentatori Filosofia della canzone moderna (questo il titolo dell’edizione italiana a cura di Feltrinelli) è un’opera su cui si discuterà a lungo. Nel bene e nel male. Anche perché i temi attraversati sono caldi, profondi, imprescindibili: felicità, femminismo, soldi, vecchiaia, amore, morte, paradiso.
La playlist è senz’altro particolare: c’è molto country, un po’ di soul e diverse canzoni del primo rock & roll (Elvis Presley, Carl Perkins e Little Richard). Ventotto canzoni nel l...