Il primo merito della scuola? Diminuire l’invadenza statale

Di Giuseppe Reguzzoni
02 Novembre 2022
Nulla contro il "merito”, ci mancherebbe. Lo Stato, però, non è la cura, ma "il" problema. Quel che servirebbe è la libertà d'educazione

Non sono tanto sicuro che il “Ministero dell’Istruzione e del merito” sia una buona idea. Non è solo, come ha inaspettatamente osservato qualcuno, che dentro c’è un abbondante pizzico di classismo: «Attenti a enfatizzare la meritocrazia, perché in una società ad ascensore sociale bloccato, diventa legittimazione etica della disuguaglianza. Bisogna prima realizzare l’uguaglianza dei punti di partenza, altrimenti i ricchi con i figli ad Harvard domineranno sempre i figli del popolo» (M. Adinolfi).

Lo Stato definisce l’etica

No. C’è di più, perché su questa strada avremo anche il “Ministero della sanita e della temperanza”, il “Ministero dell’economia e della parsimonia”, e quello della “Difesa e della fortezza”, degli “Esteri e della pace nel mondo”, degli “Interni e del perdono reciproco”, del “Sud e della generosità” … e via cantando.

Il punto è abbiamo certamente bisogno di un’etica della politica, ma vissuta, più che dichiarata, e che, in ogni caso non andrebbe confusa con la politica dell’etica: la politica dovrebbe cioè recepire e governare quel che c’è nella società, non definire da sola che cosa e quali siano i valori e i disvalori. Non può essere la politica a definire l’etica! Altrimenti, a continuare su quella strada, si finisce sulla linea della “polizia religiosa” saudita, quella che controlla la lunghezza del velo nero delle proprie donne e quante Bibbie (o bottiglie di vino) si porta dietro chi entra nella penisola arabica. Sia pure, visto che siamo comunque in Occidente, secondo i dogmi della nuova religione del Politicamente Corretto.

Lo statalismo fallimentare

In tanto blaterare, spesso a vanvera, di minaccia fascista, si dimentica il vero pericolo, che è poi la vera costante della politica dell’Istruzione in Italia: lo statalismo, eredità, appunto, della fallimentare e fallita concezione dello “Stato etico” gentiliano, sopravvissuto al Ventennio e fatto proprio dalla sinistra italiana.

Per tornare a ragionarci sopra: lo Stato etico è proprio quella forma istituzionale dello Stato che indica alla società i valori intorno a cui costituirsi e il fine ultimo a cui devono tendere le azioni dei singoli individui.

Parità scolastica

Proprio sulle pagine di Tempi, un paio di anni fa, abbiamo ricordato la necessità delle élite perché una società possa stare in piedi e crescere. Quindi, di per sé, nulla contro “il merito”. Ci mancherebbe. Lo Stato, però, non è la cura, ma IL problema. In un paese, come l’Italia, dove lo Stato pretende di essere tutto, senza mai riuscirvi (e, infatti, tolta la cucina e i bei panorami, nessuno è contento di starci), lo Stato andrebbe semplicemente diminuito, con una bella cura dimagrante: questo sì, sarebbe un bel merito. Che, poi, non per niente, dentro l’abnorme carrozzone dello Stato italiano, i vagoni più obsoleti, strapieni e peggio funzionanti sono proprio quelli del “Ministero dell’Istruzione e del Merito”.

Perché, per tornare alla citazione cattocomunista riportata all’inizio, la vera meritocrazia sarebbe consentire di andare ad Harvard (e ne abbiamo anche qui, senza arrivare agli Usa) a chiunque lo voglia, o la cui famiglia lo desideri e non possa permetterselo. Si chiamerebbe “libertà di educazione”, ma anche “parità scolastica”, e sarebbe un grande «merito», finalmente rivoluzionario.

Foto Ansa

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