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Il porto di Taranto: «Rischiamo effetto domino per l’Ilva»

L'allarme lanciato dall'autorità portuale. Si rischia una grave crisi per il brusco rallentamento della produzione dell'azienda e delle importazioni di materie prime

Chiara Rizzo
04/09/2012 - 15:49
Interni
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Con 600 mila Teu (l’unità che misura il trasporto dei container) movimentate ogni anno, cioè un traffico pari a 40 milioni di tonnellate di merci movimentate solo nel 2011, il porto di Taranto è il terzo in Italia e sogna un futuro ancor più in grande. Ma per il momento si deve accontentare di tremare per la paura, dato che tra il 65 e il 70 per cento dei suoi traffici dipendono dall’Ilva, che dalle banchine fa transitare le materie prime da lavorare e poi le lamine d’acciaio alla fine del ciclo industruiale. Peccato che con l’Area parchi (quella dove vengono stoccate le materie prime, provenienti dal porto) tra le zone sottoposte al provvedimento di sequestro dell’autorità giudiziaria, e con il calo della produzione dovuto alla stessa causa, in questo momento si stanno bloccando anche i traffici da e per il porto di Taranto.

«È chiaro – ha spiegato Sergio Prete, presidente dell’autorità portuale – che qualsiasi decisione o azione in questo momento presa per l’Ilva ha delle conseguenze anche dal punto di vista della movimentazione delle merci. Siamo coinvolti nella vicenda in qualche modo». L’autorità portuale, in ogni caso, sta partecipando alla cabina di regia con il ministero e gli enti locali per trovare una soluzione al caso che ha arroventato l’estate. «Oggi aspettiamo di conoscere le determinazioni dell’azienda» ha proseguito il presidente Prete. «Sino a poco tempo fa le navi di minerali sono arrivate. Ma se non dovessero arrivarne più nel futuro, ed è il blocco quello che infatti temiamo per il momento, la diminuzione inciderà. Non è poco il peso che l’Ilva ha sui traffici del porto di Taranto. Vogliamo parlare con i sindacati e i vertici dell’azienda, perché in base a quello che deciderà l’Ilva, l’autorità portuale dovrà rimodulare i propri piani di sviluppo».

L’EFFETTO CRISI. Tutto questo va sommato al contesto economico attuale, che nel mese di giugno ha fatto registrare una brusca recessione del 59 per cento in meno dei traffici complessivi di containers rispetto allo stesso mese del 2011, un dato in linea con quello sui primi 4 mesi del 2012, che in media hanno registrato una flessione del 12,7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011. Questi dati non hanno a che vedere con la sola Ilva: un ruolo importante lo gioca anche il fatto che i principali proprietari della società che controlla i terminal dello scalo (Taranto Container Terminal), cioè i due giganti asiatici del trasporto merci marittimo, la Evergreen Maritime Corporation (di Taiwan) e la Hutchinson Whampoa (Cina), dopo aver inizialmente investito nello scalo, infastidite dalla mancanza di opere infrastrutturali adeguate sempre promesse e mai realizzate, hanno spostato il 70 per cento dei loro traffici al porto del Pireo, causando di conseguenza una crisi che aveva già fatto finire in cassa integrazione 500 lavoratori del porto (su 600 totali). Se però a questo si aggiungesse una contrazione dei traffici Ilva è difficile immaginare gli effetti reali dell’effetto domino che ne conseguirebbe.

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NUOVA STRATEGIA. Anche per questo la strategia dell’autorità portuale è quella di rendersi più indipendente dalle sorti dell’acciaieria: «Uno degli obiettivi – ha spiegato il presidente Prete – è quello di equilibrare l’incidenza di Ilva sui traffici, creando una serie di alternative che in qualche modo compensino o facciano scendere la percentuale di movimentazione dell’Ilva in maniera tale da spalmare il “rischio” su più clienti e più tipologie di traffico. A brevissimo saranno avviati lavori per la piastra logistica (con un investimento da 219 milioni di euro)». Sono in cantiere anche una diga di protezione dai flutti, il dragaggio dei fondali, l’allargamento di una banchina e soprattutto il collegamento con la rete ferroviaria (35 milioni di euro), un progetto che rientra tra quelli siglati nell’accordo tra autorità e vari enti, tra cui i ministeri dei Trasporti e dell’Ambiente, gli enti locali (Regione, Provincia e Comune) e Fs-Trenitalia, per fare di Taranto un hub attrattivo.

IL MINISTRO CLINI. Stamattina, a Canale 5, il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha rassicurato sul futuro della cittadina pugliese. «Forse a Taranto riusciremo a fare per la prima volta in Europa un’operazione di risanamento ambiente di un centro siderurgico, garantendo la competitività delle produzioni e la continuità delle attività produttive. Sono molto fiducioso, l’azienda con il suo presidente Bruno Ferrante ha dato una grande disponibilità e sta collaborando».

Tags: corrado cliniIlvaPorto di Tarantotaranto
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