Il «magma indistinto» delle elezioni regionali in Campania
Direttore, cosa sta accadendo in Campania?
Partiamo dal centrosinistra dove uno dei protagonisti è Guglielmo Vaccaro, deputato lettiano – anche se ormai di quella corrente in Campania restano in pochissimi – e antico avversario politico di De Luca all’interno del Pd. Vaccaro, in occasione delle primarie per il segretario regionale, è arrivato a occupare le sedi del Pd di Salerno per denunciare brogli organizzati da De Luca. Prima e durante le primarie, ha più volte ricordato che De Luca è stato condannato ed è sottoposto a processo: infine, è arrivato a sostenere pubblicamente che avrebbe votato Caldoro. Ha dichiarato di essersi autosospeso dal Pd e, se arriverà veramente a votare Caldoro, sarà espulso dal partito. Nel centrodestra il clima è altrettanto teso. Si è infatti formata una lista di moderati, “Campania civica”, che sosterrà De Luca. Questa formazione è patrocinata dal senatore Enzo D’Anna, oggi in Gal, ma che prima era stato braccio destro ed è tutt’ora legato a Nicola Cosentino. D’Anna si definisce un fittiano e ha spiegato che la lista civica nasce in aperta polemica con Caldoro. Al suo interno troviamo esponenti di Scelta civica e uno storaciano de La Destra, il consigliere regionale Carlo Aveta. Dicono di sostenere De Luca perché “è più a destra” di Caldoro.
Come andrà a finire?
Andrà proprio così: una parte dei sostenitori di De Luca sarà di centrodestra, mentre Caldoro continuerà a far di tutto pur di smarcarsi da Berlusconi e mantenere l’immagine del moderato, facendo confluire su di sé il sostegno di una parte degli avversari, come Vaccaro. Per quanto riguarda il possibile vincitore finale, i pronostici danno per vincente De Luca, che sicuramente poi farà un ricorso al Tar per cercare di mantenere la carica di governatore.
Queste transumanze di voti e di sostegni tra esponenti di partiti avversari è un fenomeno solo campano?
Sta accadendo qualcosa del genere tra Lega e Forza Italia in Liguria ed è successo qualcosa di molto simile in Sicilia, ad Agrigento, dove il candidato vincente delle primarie del Pd è quello che è stato sostenuto da Forza Italia. La verità, a mio parere, è che sui territori, e soprattutto nel Mezzogiorno, il Pd è in particolare molto difficile da definire. Più che un partito con una precisa identità è un agglomerato di potentati locali, e i potentati raccolgono voti al solito modo, ovvero con gli scambi di favore. Ma i potentati per definizione sono mobili e scelgono l’accordo elettorale di volta in volta in base a chi promette e offre di più. Faccio un esempio: il sindaco di Ischia recentemente arrestato nell’inchiesta sulla metanizzazione dell’isola, Giosi Ferrandino del Pd, era il miglior alleato Domenico de Siano, esponente del centrodestra locale. Sia nel Pd sia in Forza Italia non esiste un organismo dirigente a livello locale capace di richiamare all’ordine. Il Pd renziano si è fermato ad Eboli, ho scritto di recente. Ma il medesimo ragionamento vale per gli avversari: c’è un magma indistinto, in cui ci si muove in base a logiche diverse dall’identità del partito.
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