Il biondissimo dello Zimbabwe e [link url=https://www.tempi.it/il-biondissimo-dello-zimbabwe-e-bruno-banani-l-atleta-col-nome-delle-mutande-gli-atleti-piu-singolari-di-sochi-2014#.Uvo3gkJ5NQY]Bruno Banani[/link], l’atleta col nome delle mutande. Gli olimpionici più singolari di Sochi 2014
Stranezze dello sport da Sochi, in un mondo dove l’immigrazione e il flusso di persone rendono abituali squadre di origini multietniche, sovvertendo i più tradizionali incroci tra razze e bandiere. E quando tra le nevi del Caucaso dominano atleti che vengono da terre che col ghiaccio più di una volta hanno avuto a che fare, ecco che invece a fare notizia è anche la presenza di sportivi con addosso divise tutt’altro che invernali: Tonga e Zimbabwe, Togo e Algeria, Isole Vergini Britanniche e Dominica.
SI CHIAMA COME UNA MARCA DI MUTANDE. Al podio è praticamente impossibile che qualcuna di queste squadre riesca ad avvicinarsi, eppure ognuno di questi atleti ha la sua storia da raccontare. Il più singolare di questi si chiama Fuahea Semi e viene da Tonga, corre con lo slittino ma nei tabelloni delle Olimpiadi di Sochi lo trovate alla voce “Bruno Banani”. Il nickname altro non è che il marchio di intimo tedesco che, con una operazione di marketing decisamente originale, ha “sponsorizzato” il suo viaggio in Russia. Che è partito addirittura nel 2008, quando la principessa della sua isola promosse una settimana di “training” assieme ad alcuni sportivi tedeschi per scovare qualche futura promessa da mandare ai giochi invernali di Vancouver 2010 in rappresentanza dell’isola. In Canada Bruno non poté andare, ma conservò comunque allenamento e voglia per le gare di quattro anni dopo.
DAL VENETO AL TOGO. Arriva invece dal Veneto la portabandiera della squadra togolese. Si chiama Alessia Dipol, ha solo 18 anni, e la sua casa sta in Cadore. I suoi legami con la nazione africana non sono di natura familiare, ma economica: il padre intrattiene diversi affari con la nazione africana, e così offrirle la cittadinanza togolese non è stato un problema. Ma con la tuta giallo-verde-rossa non sarà l’unica donna a gareggiare: lo sci di fondo vedrà in scena, infatti, la 20enne Mathilde-Amivi Petitjean, lei sì africana nel sangue e nella pelle. A dir la verità, neanche lei è togolese al 100 per cento: il suo legame con quel Paese è solo la madre, nata appunto lì. L’atleta, invece, è originaria del Niger, ma è cresciuta in Francia dove ha appreso l’arte dello sci. Ai Giochi di Sochi c’è finita poi attraverso Facebook, contattata dalla sua federazione solo lo scorso novembre.
TIMOR EST E ISOLE VERGINI. Un aiuto che, invece, non ha avuto Yohan Goutt Goncalves: da Parigi alla Russia, con in mano la bandiera di Timor Est. Ha sborsato tutto di tasca propria, poiché di fatto ha fondato lui la federazione di sport invernali della piccola isola asiatica, famosa per i conflitti che la attraversarono 12 anni fa. Pioniere nazionale della sua disciplina è anche Peter Adam Crook, che viene dalle Isole Vergini Britanniche e salta sulle nevi di Sochi col suo snowboard. Anche per lui, niente fondi dalla Comitato olimpico locale: ha dovuto mendicare aiuti a destra e a manca, bussando alle porte di amici e conoscenti, e usando i social network per farsi conoscere. Se li può consolare, la storia della squadra giamaicana di bob cominciò uguale nel 1988, e alla fine stupirono tutti per la costanza con cui ci tentarono. Dedicarono loro pure un film.
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