
Guerra in Libia: alla Nato il controllo della no-fly zone
Da lunedì sarà della Nato il comando delle operazioni per far rispettare in Libia la risoluzione Onu 1973. Ad annunciare la svolta il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, dopo la riunione del Consiglio Atlantico a Bruxelles: «L’alleanza agirà per proteggere i civili contro il regime di Gheddafi». Di fatto, questo significa che la Nato dovrà imporre e mantenere la no-fly zone.
«A questo punto ci sarà ancora un’operazione della coalizione e una Nato» continua Rasmussen. «La coalizione sta colpendo anche obiettivi che non sono assetti aerei, come per esempio carri armati e convogli. Il mantenimento della no-fly zone, invece vuol dire solo neutralizzare gli assetti aerei di Gheddafi. Questo serve a contribuire alla difesa dei civili».
Il passaggio del comando per la no-fly zone alla Nato avverrà tra lunedì e martedì. Ma l’intesa prevede anche la costituzione di una cabina di regia tra tutti i Paesi che partecipano alle operazioni, sul modello della missione Isaf condotta in Afghanistan. Soddisfatto il Ministero degli Esteri italiano: «Era esattamente quello che l’Italia chiedeva e anche se si tratta di un’intesa politica preliminare il nostro giudizio è certamente positivo perchè si tratta di un comando unico che evita una moltiplicazione di comandi».
Passa alla Camera la risoluzione di Pdl, Lega e gruppo dei Responsabili sulla Libia con soli sette voti di scarto. La mozione di maggioranza è stata approvata con 300 sì, 293 no e due astenuti: contro hanno votato infatti Pd, Fli, Idv e Udc. Approvata anche la risoluzione delle opposizioni presentata da Pd, Idv e terzo polo, bocciata invece quella dei radicali. Trentaquattro in tutto i deputati assenti, tra i quali il ministro dell’Interno Roberto Maroni, in missione in Tunisia, e il premier Silvio Berlusconi, impegnato a Bruxelles.
«Ancora una volta l’opposizione fa un gioco sporco» e invece di dimostrare senso di responsabilità, «come chiesto dal capo dello Stato», ha preferito «trascinare la polemica politica in campo internazionale e ha votato contro la nostra mozione sperando che non avessimo i numeri. Ma ancora una volta hanno fatto male i conti e si sono sbagliati». Questo il commento del ministro della Difesa Ignazio La Russa in merito al voto contrario delle opposizioni alla mozione di maggioranza.
Ribatte in una nota il presidente dei deputati Pd Dario Franceschini, sottolineando che «il voto sulle mozioni riguardanti la Libia ha dimostrato che oggi la maggioranza è riuscita a dividere il parlamento, non potendo dire di no ai diktat della Lega che ha voluto ad ogni costo unire immigrazione e scelte internazionali, mentre le opposizioni hanno lavorato per unire, per senso di responsabilità nei confronti del paese».
Intanto sul fronte libico la situazione rimane complicata. Un aereo libico, Galeb mono-motore, che sorvolava la no-fly zone è stato abbattutto da un jet francese sopra Misurata, l’unica città dell’ovest del Paese ancora nelle mani dei ribelli.
Il colonnello Muammar Gheddafi adesso controlla il porto, dinanzi al quale stazionano due navi da guerra e alcune imbarcazioni del regime che bloccano migliaia di egiziani e lavoratori subsahariani intenzionati alla fuga via mare. La città è dunque isolata e nonostante gli attacchi aerei delle forze occidentali ai tank del colonnello, i carri armati all’interno della città non sono stati ancora colpiti dagli alleati.
Un messaggio di speranza arriva dall’arcivescovo di Tunisi, monsignor Maroun Elias Nimeh Lahham, secondo cui «la Libia ha preso un’altra strada rispetto alle rivoluzioni pacifiche di Tunisia ed Egitto. Gheddafi ha impugnato le armi contro il suo popolo e l’Europa sta facendo attacchi militari. Non so se sia questa la migliore soluzione, spero che ci sia meno spargimento di sangue».
«Quello che è accaduto in Tunisia – ha aggiunto – è un vero tsunami politico. Non c’è nessun Paese arabo che abbia vissuto un regime democratico e per me è motivo d’orgoglio che la Tunisia sia un laboratorio di vita democratica. Questo non deve lasciare nessuno indifferente, né l’Europa né l’America né l’Africa perché questo virus infetti tutta l’Africa nera».
Nella quinta notte di guerra in Libia le roccaforti militari di Muammar Gheddafi sembrano intatte. L’artiglieria del Colonnello ha ricominciato a sparare su Misurata, la terza città del Paese quanto a grandezza, prendendo a bersaglio, tra gli altri obiettivi, l’ospedale. «I carri armati governativi sono vicini all’ospedale e stanno colpendo l’area», ha raccontato al telefono un medico, ma è stato impossibile verificare il resoconto, fornito anche da altri residenti. A portare terrore e morte dentro la città sono anche i cecchini, che per i ribelli hanno fatto almeno 16 morti.
Se Misurata, con la terrificante miscela di artiglieria e cecchini, sembra sempre più la Sarajevo della fine del 1992, le cose non vanno meglio a Zintan, alla cui periferia i lealisti stanno ammassando truppe e carri armati. Verso le 4.30 del mattino (ora locale) è entrata in azione la contraerea a Jafar e a Tripoli, dopo che ieri le forze della coalizione avevano nuovamente attaccato il bunker del rais nella capitale libica. Sarebbe stata colpita una base militare, ma il governo libico lamenta almeno 18 vittime tra i civili e ha provveduto a mostrarle ai reporter stranieri, trasferiti per l’occasione in un ospedale.
I paesi della Nato continuano a procedere in ordine sparso, ma questo non sembra preoccupare Parigi: «I raid aerei continueranno», ha annunciato questa mattina il ministro degli Esteri, Alain Juppe. L’Alleanza terrà un nuovo vertice oggi, dopo una terza e vana tornata di negoziati sull’affidamento della struttura di comando delle operazioni.
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