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Guerra in Mali. Risultato di un’incomprensibile strategia europea

Le forze tuareg ed estremiste che controllano il nord del paese premono verso sud. Per Gianandrea Gaiani (AnalisiDifesa), «ora l'Europa è costretta ad affrontare il suo contributo alle primavere arabe»

Francesco Amicone
17/01/2013 - 15:27
Esteri
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«Non è un’operazione per riconquistare il nord del Mali, ma per difendere il sud, la capitale Bamako». Per Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, questi quindici giorni dall’inizio dell’operazione Serval, da quando la Francia è intervenuta nel Sahara, hanno dimostrato quale sia reale la situazione nella regione desertica controllata da estremisti e trafficanti. «Il territorio è più grande della Francia, e con un paio di centinaia di soldati e qualche Mirage, le forze del sud non saranno in grado di difendere le linee».

I ribelli del nord non si contano. Oltre ai militanti di Ansar Din, guidati dal leader tuareg Iyad Ag Ghali (in foto a lato), ci sono jihadisti, indipendentisti, qaedisti, reduci dell’esercito di Gheddafi. Quanti militari servirebbero alla Francia per contrastarli efficacemente e riconquistare Timbuctù e le altre città del nord?
I francesi potrebbero attingere ai circa cinquemila militari schierati nella regione, dall’Oceano Atlantico fino al Gibuti. Ma nemmeno la “Colonial” e la Legione Straniera, con l’aiuto dell’aviazione, e alla guida delle forze malesi, riuscirebbero fermare l’avanzata dei ribelli.

Servono più uomini?
Parlo dei contigenti africani. Possono schierare molti uomini, e la numerosità è la componente che potrebbe tamponare l’avanzata dei ribelli, che per ora vengono bloccati a sud, e che però rispuntano da tutte le parti. La Francia ha bisogno di concentrarsi sulla manovra offensiva, ma per farlo deve lasciar presidiare il territorio riconquistato alle armate africane.

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Anche l’Europa corre in soccorso dell’alleato francese.
I paesi europei manderanno istruttori militari per l’esercito malese e aerei da trasporto. Per quanto riguarda gli istruttori, bisogna ricordare che già ci furono quelli americani. Ma dopo l’addestramento, tre reparti anti-terrorismo su quattro hanno defezionato per infoltire le fila dei ribelli del nord. Anche ammesso che non si ripeta lo stesso, l’addestramento avrebbe effetti soltanto sul lungo periodo. Quello che serve ora sono soprattutto gli aerei da trasporto per le truppe.

Qual è la strategia del Mali e degli alleati europei?
Impossibile a dirsi. Il Mali ha un governo debolissimo. Totalmente inerme. E la strategia di europei e americani è assente o incomprensibile. Combattiamo con i qaedisti in Siria e contro di loro in Mali. Perché?

Questa posizione che risvolti avrà sulla guerra contro gli estremisti in Mali?
Il risultato dell’assenza di strategia ce lo abbiamo davanti agli occhi. Ora l’Europa è costretta ad affrontare il suo contributo alle primavere arabe. A Bengasi non possiamo più tenerci nemmeno un consolato, e in compenso ci troviamo a combattere terroristi e guerriglieri anche nel deserto del Sahara. Quindi direi che la prima strategia dell’Europa dovrebbe essere quella di capire quali siano i propri interessi e agire di conseguenza.

Tags: Gianandrea Gaianiguerra in malilegione stranieramali
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