Grillo si fa gioco dei media tradizionali, ma ora i grillini dovranno iniziare a fare politica

Di Matteo Rigamonti
26 Marzo 2013
Velardi (Reti): «Il suo non è un successo episodico: è la conseguenza di un lavoro che dura da anni. Ma che ora deve fare i conti con la realtà della politica».

Beppe Grillo e la comunicazione politica: dai primi passi sul web con i “meetup” allo Tsunami Tour, dalle “parlamentarie” allo sbarco in Parlamento (quello vero), passando per i videomessaggi, le rare e fugaci interviste in piazza e le litigate costruite ad arte con la stampa. Claudio Velardi, socio fondatore di Reti, agenzia di comunicazione, pubbliche relazioni e media, racconta la parabola di comunicatore politico del comico genovese, ora leader di un partito i cui adepti, dopo aver giocato a fare gli “anti tutto” per mesi, si trovano improvvisamente catapultati, e sprovvisti di ogni esperienza, nella stanza dei bottoni. Con le responsabilità e i rischi che tutto questo inevitabilmente comporta.

Velardi, che impressione ha di Beppe Grillo comunicatore politico?
È il più classico dei comunicatori politici che partono dalla rete e poi ottengono visibilità e seguito. La sua è una strategia di comunicazione ben strutturata, di presenza costante sul web, che trae ispirazione da analoghe esperienze americane: la vicenda dei “meetup” è emblematica al riguardo, anche se tutti ne parlano e pochi la conoscono bene in maniera approfondita.

E ha funzionato?
Ora Grillo raccoglie i frutti di quanto ha seminato per anni e il suo successo non è episodico, bensì la conseguenza di tenacia e pazienza. Anche se, va detto, i partiti tradizionali gli hanno spianato la strada. Detto questo, nulla toglie che il consenso guadagnato discutendo su problemi finora solo virtuali possa calare quando dovrà cominciare a misurarsi con la realtà della politica vera, come sta iniziando a fare.

Come si spiega il fatto che un prodotto del web quale è Beppe Grillo, che proprio sula rete ha impostato la sua campagna elettorale e la credibilità del suo Movimento, possa prendersela con «orde di trolls, fake e multinick pagati da qualcuno per scrivere con regolarità dai due ai tremila commenti al giorno» sul suo blog? «Schizzi di merda digitale», come ha detto, oppure, più semplicemente, paura? O che altro?
Io non la vedo così e, secondo me, occorre distinguere: una cosa, infatti, è la strategia che Grillo ha seguito per la costruzione dell’esercito grillino sul web; un’altra è la strategia che Grillo adotta come comunicatore verso i media tradizionali. In questo senso, Grillo non è altro che il megafono che amplifica al massimo grado la comunicazione del M5S. Spesso lo fa mettendo in contrapposizione i media tradizionali con il web. Come ha fatto anche in quest’ultimo caso.

Riscuote successo?
Eccome! Grillo lancia esche che i media tradizionali, sempre a caccia di titoli, non possono farsi scappare. I media tradizionali, infatti, non conoscono i codici del web, ma agiscono secondo gli schemi che hanno sempre seguito; e le uscite di Grillo sono ogni volta clamorosamente fuori dalle righe, ma questo è proprio quello che vuole. E più le “spara grosse”, più ottiene rimbalzo mediatico.

Perché i giornalisti dovrebbero inseguirlo, se lui scappa sempre?
Perché i media tradizionali intuiscono che dove c’è lui, c’è “ciccia”, c’è la notizia. E, anche se non lo capiscono fino in fondo, non possono che inseguirlo. Se non l’inseguissero, infatti, verrebbero meno alla loro funzione di raccontare cosa succede nella società civile.

Non crede che il “fenomeno Grillo” sia stato ingigantito a sproposito dalla stampa e dalla televisione?
Certo che sì; ma è nella logica delle cose: se Grillo, infatti, non avesse registrato tutto questo consenso nella società civile, non sappiamo nemmeno se avrebbe preso il 20 per cento dei voti. Quello che è certo, però, è che non parlare di Grillo era impossibile. E, come è successo con la Lega a fine anni ’80, pur non avendo alcun rigo sui media, il Movimento Cinque stelle ha conseguito via via visibilità sempre crescente.

Merito di Grillo o di Casaleggio?
Di entrambi. La divisione dei ruoli occupati dai due è semplice e lineare. Casaleggio è l’artefice della presenza sul web, Grillo il megafono che amplifica.

Dopo l’imposizione del silenzio stampa ai portavoce del Movimento, dobbiamo aspettarci altre gaffe da Grillo e compagni?
Da dopo il 24 febbraio (il giorno del voto, ndr) l’impatto con la politica ha cambiato tutto all’interno del Movimento. E anche i grillini, come ogni altra forma politica alle prima armi, dovranno compiere il loro “noviziato” politico, vivranno scompensi e sbandamenti che sono inevitabili in un processo di assestamento. Mentre, dal canto loro, i media faranno bene a documentare tutti gli incidenti di questo processo.

@rigaz1

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.