
Da una pacca sul sedere al maxiprocesso a uomini porci e donne belle

Ha dato una pacca sul sedere o ha scosso dalle fondamenta l’impero del patriarcato sessista? Qui gli sviluppi del caso del tifoso fiorentino e Greta Beccaglia rischiano di sgomentarci più dell’idiota che li ha innescati. Come siamo arrivati dalla pacca sul sedere a una giornalista sportiva al processo al giornalismo sportivo che dà lavoro a giornaliste come “quella”? Alle pacche che implicitamente mollerebbero tutti gli uomini che sicuramente guardano partite dal divano solo perché commentate da giornaliste come lei? Come siamo finiti da una pacca sul sedere a risultare automaticamente complici di uno stupro in diretta se non scatta immediata la condanna della “violenza sessuale” o il tic di smarcarci dal prototipo di quel tifoso, quel giornalismo? Insomma o è un coglione o è lo scassinatore di vasi di Pandora di cui avevamo bisogno, questo Andrea Serrani.
Il reato e l’aggravante (una figlia)
Dire che Andrea Serrani (il tifoso che dopo la partita Empoli-Fiorentina, ha tirato una pacca sul sedere all’inviata di Toscana Tv Greta Beccaglia) è un coglione, ma non è uno stupratore, non significa minimizzare i fatti: in Italia la media è di 11 stupri o abusi sessuali “non taciuti” al giorno, una violenza sessuale denunciata ogni 131 minuti e sappiamo benissimo che per l’interpretazione data dalla Cassazione anche la pacca sul sedere è violenza sessuale. Significa semplicemente che i fatti sono la pacca sul sedere, cioè un reato, quel reato. Per questo, dopo la denuncia dell’inviata, Serrani si è beccato un Daspo di tre anni e rischia una condanna da 6 a 12 anni di carcere. Dopo di che si è dovuto trasferire in un alloggio segreto, ha chiuso il suo ristorante, i giornalisti hanno pubblicato le sue foto, sui giornali e sui propri account social, scritto dove abitava e che lavoro faceva, desunto dalle sue foto e like il suo ritratto di becero fascista, deciso che il fatto che avesse una figlia rappresentava «un’aggravante» e che era la faccia della stessa medaglia del giornalista Enrico Varriale, finito a processo per violenza e stalking dopo la denuncia della sua ex.
«Non te la prendere», ed è subito complicità
Serrani non era stato ancora identificato, ma per non aver istantaneamente condannato «il gesto e il molestatore», e per aver invitato goffamente «la collega a “non prendersela”», il conduttore in studio Giorgio Micheletti è stato sospeso da Toscana tv. Perché in soli 120 secondi il giornalista con 40 anni di esperienza era già diventato il complice del mostro da prima pagina, oggetto della valutazione di provvedimenti disciplinari da parte dell’Odg della Toscana, dei colleghi maschi («Non fermare la mano che palpeggia o uccide significa esserle alleati», scrive Crosetti su Repubblica) e del tribunale di Twitter dove si dispensano cinguettii a proposito di manuali per conduttori davanti a giornaliste molestate.
«È ingiusto» ha scritto Giuliano Ferrara sul Foglio, non solo perché come bene si evince da quella diretta dal 121esimo secondo Micheletti corregge il tiro, ma perché «non te la prendere è anche un normale lenitivo in una situazione imbarazzante, quando vedi che la tua collega e amica non ha la prontezza di reagire a modo e vuoi proteggerla dalla commiserazione di sé», e perché «una pacca su culo non è un insulto antisemita, non è l’espressione di un disprezzo invalidante, non è nemmeno un discorso d’odio tanto meno un prodromo del femminicidio, è un gesto miserabile e coglione che qualifica come idiota chi lo compie. Reagire ma non prendersela è la soluzione migliore, e se non si sia reagito abbastanza non prendersela è il consiglio di qualunque amico, l’incoraggiamento a stare saldi e forti».
Una pacca a Greta Beccaglia e tanti imputati
Per averlo invece denunciato a nome di tutte le donne che subiscono molestie «a telecamere spente» (c’è anche un secondo indagato) la cronista di Toscana Tv Greta Beccaglia ha incassato la solidarietà della politica, da Casellati a Boschi, da Conte a Fico, da Gelmini a Meloni, dell’Associazione Stampa Toscana e il gruppo Toscana giornalisti sportivi che si dicono pronti a costituirsi parte civile, del presidente della Regione Giani e di quello della Fiorentina Commisso, delle ragazze di Miss Italia, di molte colleghe, da Leotta a Ferrari fino a Cinzia Fiorato che ha denunciato su Facebook trent’anni di molestie alla Rai, dal direttore al tecnico che la invita a cena, agevolate da donne funzionali al sistema ultrasessista.
La pacca sul sedere diventa così il calcio d’inizio di un maxi processo con tanti imputati: in primis il giornalismo televisivo sportivo. Concita De Gregorio si chiede se «la ricorrenza di conduttrici e croniste con fisico da pin up» sia «una casuale ricorrenza statistica, cioè se le pin up proliferino lì più numerose che in natura o se sia invece un criterio di selezione adottato da chi ha il potere di scegliere – editori, direttori, capiredattori – con la speranza di sollevare, si dice, l’audience. Perché se così fosse – ma è solo un dubbio – sarebbe questo, credo, il punto».
Secondo imputato: le donne belle. Selvaggia Lucarelli sottolinea che nonostante sia stata definita e si definisca tale perfino dall’ordine che le promette assistenza legale, Greta Beccaglia non è una giornalista: «Qui sta il problema: perché c’era Greta Beccaglia fuori da quello stadio dopo un derby e non un/una giornalista con esperienza adeguata alla situazione e al ruolo?», «Bisognerebbe smetterla di utilizzare le donne in modalità specchietti per le allodole nel calcio. Bisognerebbe smetterla di mandarle allo sbaraglio, di cercare ragazze a cui affidare il ruolo della gaffeur del giorno o quello della giornalista esperta se non è una giornalista esperta, ma sufficientemente bella da sfamare il tifoso medio o lo stereotipo del tifoso medio».
«Tutti a occuparsi di quel sedere»
Terzo imputato: i tifosi medi appunto. Che capendo di calcio e non di cat’s fight in queste ore stanno tenendo arringhe su social e giornali a difesa di tutte le donne, proclamando che anche la mancata difesa è un abuso, e accusando chiunque non l’abbia fatta pubblicamente di mostrarsi connivente con Serrani, Micheletti, e tutti gli altri porci (che non guardano il calcio ma le donne belle, o che mandano le donne belle allo sbaraglio nel calcio).
Insomma o è un coglione o è il Weinstein viola di cui avevamo bisogno, questo Andrea Serrani, il termine di paragone dell’umanità maschile superiore che non commetterebbe mai reati verso le donne, che non le inviterebbe a non prendersela e nemmeno a cena. «Mi dispiace io, e spero non solo io, oggi voglio fare la differenza tra offesa e crimine e penso che una mano sul sedere esiga delle scuse ma non meriti l’ergastolo – ha scritto Natalia Aspesi su Repubblica – anche perché penso che nel tempo del fattaccio tre persone morivano sul lavoro. Tutti ad occuparsi di quel sedere, nessuno di quei tre morti».
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!