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Dal Grande Fratello alle Iene, ecco la tv che processa le coscienze

Ma come, non ci piaceva guardare l’umanità allo stato brado? Dopo i casi Clamente Russo e Brigliadori vs Le Iene, rispondono Grasso, Caverzan, Clericetti

Caterina Giojelli
15/10/2016 - 4:00
Spettacolo
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casa-grande-fratello-ansa

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

I giornali son pieni di scandali, di disgrazie, di delitti, ma la notizia più impressionante della settimana scorsa sembrava quella dell’uscita del pugile Clemente Russo dal Grande Fratello Vip. Per chi avesse avuto di meglio da fare che seguire quello che è ormai diventato il “caso Bettarini-Russo” basti sapere che nella casa più trasparente d’Italia il pugile napoletano è andato alle corde: è bastato infatti un «friariello» di troppo (così Russo ha appellato tale Bosco Cobos) e una infelice uscita, alle ore tre del mattino, in reazione a confessioni di cose di corna da parte di Stefano Bettarini, professione ex calciatore ed ex marito di Simona Ventura (che per Russo «andava lasciata morta ammazzata a terra») per scatenare nell’ordine: intervento del ministro della Giustizia Andrea Orlando con richiesta al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di valutare «la conformità allo statuto deontologico del Corpo (…) dei recenti comportamenti del dipendente Clemente Russo, atleta in forza al gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre, con particolare riferimento ad espressioni ingiuriose e rivelatrici di misoginia e omofobia», quello dell’Unione sindacati della polizia penitenziaria, quello del Codacons, quello del sacerdote moralizzatore Alfonso Signorini. Seguono atto di pentimento pubblico, riflessione sociologica di tutta Italia a mezzo stampa, tv e social sui temi omofobia, sessismo, addirittura femminicidio.

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Ma come, non ci piaceva guardare l’umanità allo stato brado? L’obiettivo dichiarato della trasmissione, come ha ricordato Russo in una nota stampa, non è mica «mettere a nudo le coscienze inserendo le persone in un contesto di completa anormalità»? Non ci interessavano i Taricone, bello guaglione e’ papà (primo atto sessuale in cinque giorni netti!), quello che a Rocco Casalino spiegava «quando da fuori ti urlano “frocio” ti incavoli con chi sospetta di te per il tuo modo di camminare effeminato; a proposito di Andreotti invece ti basta il sospetto. Ma allora ‘ssi frocio», e altre cose attualissime come «cumpa’, la Costituente è stata una cosa seria, non è che quattro stronzi sono andati a cacare e zac hanno fatto la Costituzione», o che «pensavo di stare in uno show, mi so’ portato tutta ‘sta robba, qui invece stiamo sempre in mutande»?

Allora queste uscite portavano al limite al mancamento delle Lina Sotis, oggi invece dappertutto è caccia grossa ad improbabili sanculotti per approvvigionare un irreality show e un’eccitazione da esecuzione pubblica che va armando lettori e spettatori del manganello del politicamente corretto. Tutto scientificamente organizzato, spesso grazie all’entusiastica collaborazione degli stessi sorvegliati e manipolati: di che altro potevano parlare un Russo e un Bettarini, di Costituzione? Scrive Zygmunt Bauman, in Sesto potere, a proposito della sorveglianza senza sorveglianti: «Non c’è più bisogno di costruire mura resistenti ed erigere torri di guardia per tenerci dentro i prigionieri» perché «ci si attende che siano loro stessi a erigere le mura e stare nel loro perimetro di loro stessa volontà».

E chi meglio di due “vip” tutti ascelle ed infradito poteva svelare il giochetto dell’autoindottrinamento della nuova legge del politicamente corretto, tutto teso a scoprire e punire chi esce dal suddetto perimetro, in cui le corna si possono mettere ma non se ne può parlare e i discorsi da caserma in tv proprio no, signoramia?

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Cazzotti e ditini alzati
La sostituzione della coscienza personale con quella collettiva è del resto diventata una operazione a cielo aperto e non solo nella trasparentissima Casa del Grande Fratello. Poche ore prima che Clemente Russo venisse eliminato per decreto della produzione, Le Iene accendevano i riflettori su un’altra impresentabile dello show business, Eleonora Brigliadori: un’imboscata durante un rituale di “euritmia” che è costata alla Iena Nadia Toffa un inevitabile cazzotto da parte della seguace delle sciagurate teorie della Nuova medicina germanica. Le stesse Iene che ci avevano dato dentro con i servizi a favore del metodo Stamina, le teorie degli antivaccinisti, le cure naturali contro il cancro e che oggi alzano il ditino verso la Brigliadori facendole notare che «è pericoloso dire a una persona malata che deve smettere di fare la chemio».

Viviamo in una società confessionale – scrive ancora Bauman – che ha promosso l’auto-esposizione al rango di prova prima e più facilmente disponibile dell’esistenza sociale, e si capisce bene l’attacco del politicamente scorrettissimo Bret Easton Ellis quando a proposito degli MTV Music Awards scrive: «Tutti vanno d’amore e d’accordo nel celebrare quella falsa inclusività politicamente corretta che ormai è diventata terribilmente noiosa e che, probabilmente, è la causa del vertiginoso crollo nel numero di telespettatori che ha seguito lo show».

L’autore di American Psycho denuncia «un clima di castrazione collettiva che avvolge tutta la società» ed è d’accordo Aldo Grasso, giornalista del Corriere della Sera, che a Tempi rincara la dose citando il formidabile polemista Robert Hughes ne La cultura del piagnisteo: «Questo è il cadavere del liberalismo degli anni Sessanta, è il frutto dell’ossessione per i diritti civili e dell’esaltazione vittimistica delle minoranze. Queste dinamiche di importazione americana portano ai danni che sono oggi sotto gli occhi di tutti quando accendiamo la tv e ci accorgiamo che l’educazione coatta al politicamente corretto rappresenta la rovina della storia dello spettacolo italiano». Dal Grande Fratello, «col suo moralismo insopportabile che asseconda i gusti più corrivi del pubblico orchestrando casi di bassissima lega come le confessioni di Bettarini, per poi darsi al pubblico lavaggio delle coscienze diretti da un direttore di riviste di gossip», alle Iene, «emblema del moralismo del politicamente corretto, con quei servizi col ditino alzato oggi contro l’indifendibile Brigliadori, ieri contro i medici che osteggiavano Davide Vannoni trattati come una casta di delinquenti», il politicamente corretto è diventato uno strumento di governo, «non si può più scrivere nulla di sapido o divertente altrimenti scattano le categorie e fioccano le querele».

E il balbuziente di Walter Chiari?
Immaginate cosa accadrebbe oggi se venisse riproposto uno sketch «come quelli resi celebri, negli anni della tv più bigotta, dalla coppia Carlo Campanini e Walter Chiari, pensate alle gag del balbuziente che facevano ridere l’Italia e che oggi probabilmente subirebbero la censura da parte dell’associazione di riferimento: il difetto fisico non strappa più la risata e a farne le spese non è solo la storia dello spettacolo». Pensiamo all’onomastica popolare che nella cultura contadina faceva derivare i soprannomi dai difetti fisici che entravano in racconti, canti e filastrocche capaci di far sorridere ed esprimere la partecipazione del singolo alla vita della società, «ma oggi all’ascolto abbiamo sostituito lo spionaggio moralisteggiante e si capisce perché a uno Zagrebelsky sulla Costituzione preferiamo un caso “Bettarini-Russo”».

Non vuole generalizzare invece Maurizio Caverzan, giornalista e autore del blog Cavevisioni: «Certamente il politicamente corretto è una nuova ideologia che si è affermata ovunque, non solo in tv, credo però di non sbagliare quando dico che sta già tramontando perché l’evidente stucchevolezza di questo modo di affrontare la realtà, i luoghi comuni del perbenismo, hanno già portato l’opinione pubblica ad affrancarsi in altri spazi. Penso alla rete, dove paradossalmente si arriva agli eccessi opposti per difendere a tutti i costi un Russo o un Bettarini: siamo d’accordo che a prescindere dai meccanismi di quella trasmissione i due andassero sanzionati? Perché se non siamo d’accordo nemmeno su questo facciamo lo stesso errore di chi va armando i fenomeni di pubblica indignazione col politicamente corretto».

Per Caverzan «siamo tutti diventati critici televisivi e direttori di rete dimenticandoci che la sera in cui Russo lasciava il Grande Fratello, Fuocoammare di Gianfranco Rosi e il documentario Lontano dagli occhi di Domenico Iannaccone sugli sbarchi a Lampedusa trasmessi da Raitre, sono andati benissimo». Quanto al politicamente scorretto è qualcosa che pochi possono permettersi, ricorda lo stesso Caverzan raccontando sul suo blog di quando a X-Factor si presenta Marco, mingherlino, agghindato, visibilmente omosessuale: «Porto Sex Machine di James Brown». Tutti apprezzano, tranne Manuel Agnelli, leader degli Afterhours, «sideralmente lontano dal mainstream televisivo»: «Io penso che in questo momento James Brown si stia rivoltando nella tomba». Zero buonismi, ed è record di ascolti su Sky Uno.

«La tv, del resto, fa il suo mestiere, fotografa la nostra perdita di identità, la gogna diventa spettacolo, Striscia la Notizia e Le Iene il luogo di giustizia e di raddrizzamento dei torti e il tribunale di fiducia delle persone. Ma se alcuni programmi non fanno passi in più è perché anche il pubblico è diseducato a farli». Martino Clericetti, autore televisivo soprattutto del duo comico Luca&Paolo, se li ricorda i primi anni di Chi vuol essere miliardario, «in palio c’era un miliardo di vecchie lire, avevamo studiato domande terrificanti per farlo sudare ai concorrenti. Salvo poi doverle ricalibrare tutte, abbassando il livello di almeno dieci tacche, dopo le prime due puntate. “Quanti sono i Vangeli contenuti nella Bibbia: 4, 10, 50, 100?” e il concorrente, sicuro, “cento!”. Ora, se una persona risponde cento non è per ignoranza di una materia astrusa ma perché si è perso qualcosa di molto grosso per strada. Io la chiamo coscienza del popolo, nulla attecchisce perché cosa ci interessa? I bambini a cui l’ho chiesto preparando una versione junior del quiz hanno risposto “vestiti e suonerie”. E ci scandalizziamo se qualcuno dice che l’Italia è il Grande Fratello».

La tv «è sempre un punto di vista»
La verità per Clericetti è che «la tv è sempre un punto di vista; Le Iene, i reality, è tutta roba necessariamente filtrata, è televisione, non è il Vangelo, appunto. E si nutre dei meccanismi dello show business, come quando invitano Salvini o Busi ai talkshow per scandalizzarsi della Lega o delle bestemmie: senza Salvini o Busi il talk non lo guarda nessuno perché nessuno può poi esercitarsi nell’arte di etichettarli. Ora “omofobo” è diventata una categoria populista, ma ricordo quando a Sanremo con Luca e Paolo abbiamo fatto satira sia su Berlusconi e Fini, sia su Santoro e Saviano, “ma allora siete di destra o di sinistra?” si chiedevano i giornalisti tutti disorientati».

Eppure, per Clericetti, esistono sacche di bellezza che nulla hanno a che fare con quest’ansia di controllo nello svago e sviscerano che siamo tutt’altro che aspiranti sorvegliati speciali o cani da guardia di Grandi Fratelli, «penso alla serie I Soprano, dove c’è posto per chiedersi chi siamo veramente dentro una storia di crimini, sangue e menzogne, o allo speciale Viva Mogol che ha fatto grandi ascolti raccontando un paese innamorato delle canzonette ma anche della propria storia: la gente non è completamente rintronata, non è solo i mille tweet su Clemente Russo, se anzi percorri corso Lodi a Milano e chiedi a chi incontri chi sia, dubito che tutti lo sappiano. Ma magari si ricordano che i Vangeli sono quattro».

Foto Ansa

Tags: aldo grassoclemente russogrande fratellole ienemaurizio caverzanstaminaStefano Bettarini
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