Global Minimum Tax-1: tassazione senza rappresentanza?

Di Renato Veneruso
23 Agosto 2021
Una decisione che avrà grande impatto sulla vita di tutti ma su cui si nota l'assenza di un adeguato dibattito pubblico

Tratto dal Centro Studi Livatino – La decisione del G20 dello scorso luglio prevede un prelievo societario minimo di almeno il 15% e nuove regole per ricollocare una porzione degli utili netti delle più grandi aziende del mondo a beneficio degli Stati in cui queste li ricavano. Il significato specifico dell’espressione Global minimum tax e i problemi di rappresentatività nel rapporto fra organismi internazionali informali e la sovranità dei singoli Stati a essi aderenti.

1. L’espressione Global minimum tax è venuta alla ribalta delle cronache estive all’esito dell’incontro dei ministri economici e dei governatori delle Banche Centrali del G20 tenuto a Venezia il 10 e 11 luglio 2021, sotto la presidenza dell’Italia. Del G20, oltre all’Italia, fanno parte Arabia Saudita, Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Corea del Sud, Francia, Germania, Giappone, India, Indonesia, Messico, Regno Unito, Russia, Stati Uniti, Sud Africa, Turchia e Unione Europea; alle sue riunioni partecipano il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, oltre alle le principali organizzazioni internazionali, come Nazioni Unite, OIL – Organizzazione Internazionale del Lavoro, OCSE -Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico: nel complesso sono rappresentati più del 90% del PIL mondiale, l’80% del commercio globale e due terzi della popolazione dell’intero pianeta.

Il G20 è sorto nel 1999 per iniziativa del G7, i sette Paesi più industrializzati, e ha natura di meccanismo di dialogo informale tra economie a rilevanza sistemica, per discutere della stabilità economica, della crescita sostenibile e della creazione di una nuova architettura finanziaria globale. Esso è stato poi istituzionalizzato, dopo la crisi finanziaria del 2008, al Vertice di Pittsburgh (24-25 settembre 2009), quale principale forum di cooperazione economica e finanziaria a livello globale.

2. Il G20 di Venezia, sulla scorta del lavoro preparatorio del G7 di Roma dello scorso inizio di giugno, ha fatto proprie le linee guida elaborate dall’OCSE, nell’ambito del Progetto BEPS, acronimo che indica l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili. Ha così preso in carico il problema fiscale delle imprese multinazionali che sfruttano, con strategie di elusione fiscale in gran parte legali, le lacune e le asimmetrie delle regole fiscali internazionali e il loro mancato adeguamento all’economia globale digitale, per trasferire artificiosamente gli utili in Paesi con regimi fiscali più vantaggiosi, ed evitare di pagare maggiore aliquota fiscale.

Il G20 ha quindi approvato i due pilastri in cui si sostanzia la Convenzione multilaterale predisposta dall’OCSE, firmata lo scorso 1° luglio da 131 Paesi, che prevede un prelievo societario minimo di almeno il 15% e nuove regole per ricollocare una porzione degli utili netti delle più grandi aziende del mondo a beneficio degli Stati in cui queste li ricavano.

3. Proviamo a soffermarci sui singoli elementi dell’espressione GLOBAL MINIMUM TAX.

MINIMUM indica la base imponibile, pari al 15%, al di sotto della quale i Paesi aderenti alla Convenzione non potranno andare nella tassazione dell’impresa multinazionale che abbia posto la sua base nel singolo Stato. È dunque una soglia minima: non indica che la tassazione è effettivamente tale, cioè minima; va in proposito ricordato che Janet Yellen, già Presidente della Federal Reserve, la Banca Centrale degli USA, attuale Segretario al Tesoro USA, prima promotrice della misura fiscale in commento, l’aveva proposta al 28%, e che il ministro delle Finanze della Francia Bruno Le Maire ha detto, a margine del G20 veneziano, che sia il 15% della global minimum tax sia il 20% della riallocazione dei profitti marginali dovrebbero essere aumentati in un prossimo futuro. Quindi, ‘non meno di’, ma non ‘meno’ tout court.

GLOBAL è aggettivo più significativo ed evocativo, nel bene e nel male, dello spirito dei tempi. Richiama l’esigenza di armonizzare le legislazioni fiscali dei singoli Stati nella prospettiva di favorire una più equa e omogenea adozione di politiche di prelievo capaci di intercettare la globalizzazione dell’economia, specie nell’attuale era digitale, in cui il commercio, in particolare in epoca pandemica, ha sviluppato enormemente il canale del web. Si tratta di una esigenza meritevole di condivisione sulla scorta di un astratto principio di equità e solidarietà internazionale, che tuttavia va calato nella realtà dei singoli Stati.

TAX è sostantivo che merita qualche considerazione critica derivante dal legame coi due aggettivi precedenti. La tassazione è ciò che si connota, soprattutto in una fase storica in cui lo Stato è sempre più sganciato dal territorio, quale requisito residuale della sovranità e della stessa identità statali: la globalizzazione, se pure solo tendenziale, della leva fiscale lo depaupera ulteriormente. Quel che più rileva è che il trasferimento della sovranità statuale avvenga verticalmente, verso l’alto, non a beneficio di organizzazioni istituzionali frutto di trattati internazionali, cui potersi applicare il relativo regime giuridico, bensì a favore di organismi informali, privi di personalità giuridica e financo connotati privatisticamente; verso il basso, senza che i propri cittadini abbiano espresso alcuna volontà al riguardo, in quanto i relativi Parlamenti nazionali, quando va bene, sono normalmente chiamati a una mera ratifica di quanto già deciso a livello intergovernativo.

4. Basti considerare che l’OCSE, in inglese OECD, figlia della OECE–Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea, cui negli anni del secondo dopoguerra fu affidata la gestione del Piano Marshall, i fondi americani per la ricostruzione dell’Europa occidentale, è una semplice organizzazione internazionale di studi economici, costituita attualmente da 38 Stati membri, Paesi maggiormente sviluppati aventi in comune un’economia di mercato, priva di qualsiasi rappresentatività.

Eppure, nel suo sito istituzionale, oecd.org, si legge che tale organismo sviluppa “Il progetto BEPS OCSE/G20 (…) nato a seguito della crisi finanziaria globale, della contrazione dei bilanci pubblici e della crescente indignazione dei cittadini rispetto all’erosione della base imponibile e al trasferimento degli utili. Nel 2015, i Paesi dell’OCSE del G20, insieme alle altre parti interessate hanno creato un pacchetto di 15 azioni e soluzioni per contrastare il fenomeno BEPS (…). Il progetto BEPS OCSE/G20 è l’iniziativa multilaterale più ambiziosa condotta fino ad oggi in materia di politica fiscale internazionale. Garantire equità, coerenza e trasparenza e che la tassazione sia conforme al sistema fiscale del Paese in cui si svolge l’attività economica, richiede uno sforzo e un impegno considerevoli, nel vasto e complesso scenario delle misure fiscali internazionali che copre praticamente tutta l’attività economica mondiale (…) la Convenzione multilaterale per l’attuazione delle misure relative alle convenzioni fiscali per prevenire l’erosione della base fiscale e il trasferimento degli utili (…) fa risparmiare tempo ai Governi, evitando gravose procedure di negoziati bilaterali per convenzione multilaterale e aiuta i Paesi ad attuare in modo più efficace le raccomandazioni del progetto BEPS, colmando le lacune di migliaia di trattati fiscali. Lo scambio transfrontaliero di informazioni è sempre più regolare. Più di 2500 relazioni bilaterali sono già in atto per scambiare le rendicontazioni dei singoli Paesi, consentendo alle amministrazioni fiscali di tutto il mondo di raccogliere e condividere informazioni dettagliate su tutte le grandi imprese multinazionali che operano nel loro Paese. Sono state inoltre scambiate informazioni su oltre 30.000 decisioni fiscali precedentemente mantenute segrete, garantendo una maggiore trasparenza degli accordi conclusi tra le amministrazioni fiscali e i contribuenti. È stato altresì affrontato il problema dei regimi fiscali preferenziali dannosi, introducendo emendamenti legislativi che modificano/abrogano oltre 150+ regimi dannosi. Questi interventi rappresentano un notevole progresso nella lotta al trasferimento artificioso degli utili”. Par di cogliere per tale ultima attività addirittura l’assunzione del compito di combattere l’evasione fiscale!

5. Nel ricordare che lo stesso G20 è un organismo intergovernativo del tutto informale, non sarà inutile sottolineare, quanto all’Unione Europea, che i suoi Trattati istitutivi mantengono, in base al principio fondativo di attribuzione, le competenze fiscali in via esclusiva in capo agli Stati membri. Circa, invece, il rapporto delle istituzioni governative dei singoli Stati con i propri cittadini, e quindi con gli organi direttamente rappresentativi di questi ultimi, in primis il Parlamento, va denunciato il grave deficit democratico derivante dalla mancanza di rappresentatività delle decisioni di devoluzione delle competenze fiscali al di fuori dei confini nazionali, e più in generale dalla assenza di un adeguato dibattito pubblico, anche a livello mediatico, su questioni di così grave impatto sulla vita dei singoli, delle famiglie e delle imprese.

L’originaria funzione dei Parlamenti nei sistemi politici premoderni di democrazia tradizionale era esattamente quella di assentire, quali organismi rappresentativi dei corpi sociali della Nazione, alle richieste di tassazione che provenivano dal potere regio: in assenza del placet del Parlamento il sovrano non aveva facoltà di tassare i ‘sudditi’; la Rivoluzione americana delle tredici colonie oltre Oceano contro la madrepatria britannica fu niente più che l’insorgenza di quei cittadini in nome del principio no taxation without representation. (segue)

Foto Ansa

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