Ale, e gli altri come lui
Il 7 ottobre abbiamo una grande responsabilità. Torna, infatti, “la giornata dei risvegli per la ricerca sul coma”, che grazie all’associazione di volontariato “Gli amici di Luca Onlus” ha ottenuto oltre allo storico Alto Patronato del Presidente della Repubblica, anche il patrocinio del Parlamento Europeo.
Parlo di responsabilità, ma potremmo aggiungere “opportunità” perché, fuori dalle polemiche e dalle rivendicazioni di altra natura, la data ci oggi offre la possibilità di concentrarci su quelle tante domande, perfettamente laiche, che tante famiglie con un proprio caro nella condizione di stato vegetativo, si pongono ogni sacrosanto giorno.
In un volumetto di poche pagine E adesso parlo io – Monologo liberamente tratto da un ragazzo in stato vegetativo (Edizioni Lindau), ho voluto dare voce al silenzio. Un’operazione spericolata, si potrebbe pensare, ma un’opera letteraria ha il vantaggio di poter far parlare chiunque. Anche un ragazzo, Alessandro Pivetta, di Pordenone, che dopo un’incidente, è rimasto in questa strana condizione per quattordici anni (è scomparso il 21 gennaio 2020), senza bisogno dell’ausilio della ventilazione assistita, e girando letteralmente il mondo con i suoi genitori.
Non sto qui a fare l’elenco
«Spesso chi è nella mia condizione trascina nel vincolo della gravissima disabilità l’intero nucleo familiare che necessita, a sua volta, di essere assistito, seguito e accolto. Occorre una politica sociale di integrazione che tenga conto della complessità e al contempo della semplicità della nostra situazione. Occorre una presa d’atto olistica di ciò che la nostra presenza nel mondo dei vivi implica! Serve spegnere la tv ed entrare in una stanza di uno come me, per capire qualcosa! È un senso di impotenza e inadeguatezza quello che coglie un po’ tutte le famiglie che si ritrovano a compiere il medesimo percorso che è toccato a noi. Uso il plurale perché in queste vicende non c’è solo una persona in ballo ma l’intero nucleo di riferimento. A parte gli ausili necessari e non sto qui a fare l’elenco dei pannoloni, il contributo che le Istituzioni danno a chi tiene in casa un disabile grave come me è ininfluente rispetto a quanto spende la sanità per un ricovero presso una struttura. Stiamo parlando di pressappoco un decimo. Sì, dieci volte di meno e lascio perdere le lotte con gli uffici e la burocrazia che i miei hanno dovuto fare».
La verità è che uno “stato vegetativo” costa e per risparmiare c’è solo un modo, “farlo fuori”, altrimenti bisogna inscenare una battaglia per rivendicare il semplice diritto di cittadinanza.
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