«Garibaldi? Garibaldi era… dunque, era…». La miss apre gli occhi celesti a Salsomaggiore, li socchiude, respira il vapore sulfureo, e poi li riapre sicura: «Al momento sono troppo emozionata, stare qui è bellissimo», sorride soddisfatta tra gli applausi (?). Sotto di lei (altezza, crux conduttoris), il brutto nero e calimero digrigna i denti. Neanche questa sa chi era Garibaldi, eppure il sondaggio della serata era chiaro: “Qual è il tuo personaggio storico preferito?”; il 70% ha risposto: Garibaldi. Come può essere? Dove sono le 70 che su 100 stravedono per l’eroe dei Due Mondi… Carlo Conti ci ha creduto fino all’ultimo, che 100 canditate al titolo di reginetta del Bel Paese significassero non-solo-beltà-moda-televoto, ma anche qualcosa, qualcosina d’altro. Ci aveva provato, ogni sera si appassionava alle cifre delle escluse, «numero vattelapesca – sospiro – per te – la guardava negli occhi straziato (e lei, imperterrita, la telecamera) – Miss Italia finisce». E con lei se ne andava anche un po’ del suo cuore. Si era immolato per loro («il mio uomo ideale, Carlo? Prendi uno specchio, ecco, non c’entra nulla»), la trachea distrutta a furia di forzare risolini, la tortura da reality con annessa telecamera-segugio; le aveva protette dallo scherno della Ventura, dalla frigidità di Lippi, le aveva nutrite a Tiziano Ferro e Max Pezzali… ed è bastato un Bonolis, è bastato un Panariello, volgarotti, maschilisti e pure misogini da considerare le sue cento bimbe delle bambolette, per lasciarlo solo, col suo sudore e la tracheite, un’algida Cristina piemontese bionda-occhio blu incoronata, e la certezza che l’Italia mediterranea è morta con l’unione risorgimentale.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi