Formigoni: «Volete i Länder e l’autonomia? Si rimetta mano alle riforme costituzionali»

Di Rodolfo Casadei
23 Agosto 2020
Al Meeting si discute di tensioni Stato-Regioni, federalismo e centralismo. Abbiamo girato al governatore più longevo della Lombardia le provocazioni del costituzionalista Cassese

Organizzando nonostante tutte le difficoltà del Covid un incontro dal titolo “50 anni di Regioni: l’architettura dell’Italia alla prova” il Meeting di Rimini ha dimostrato cultura politica e senso delle istituzioni, ma avrebbe fatto bene a far partecipare all’incontro anche Roberto Formigoni, l’uomo politico italiano che ha trascorso più tempo a capo di una Regione italiana da quando i nomi dei governatori regionali sono indicati sulla scheda elettorale. Alla tavola rotonda hanno preso la parola, in presenza o in collegamento, Stefano Bonaccini per l’Emilia-Romagna, Massimo Fedriga per il Friuli Venezia Giulia, Maurizio Fugatti per la provincia autonoma di Trento, Giovanni Toti per la Liguria e Luca Zaia per il Veneto, preceduti da un direttore d’orchestra di nome Sabino Cassese: al costituzionalista era stato affidato lo spartito che gli orchestrali avrebbero dovuto interpretare. S’è sentita la mancanza della voce dell’esperienza dell’uomo che per 17 anni di seguito ha governato la più importante Regione italiana e che al Meeting di Rimini ha totalizzato 69 presenze come relatore (senza considerare le presidenze di dibattiti) fra il 1979 e il 2012, anche perché ne è stato uno dei padri fondatori. E che avrebbe saputo interloquire con le posizioni molto assertive di Sabino Cassese, sulle quali i presidenti invitati si sono esercitati ma solo in parte, dovendo anche rispondere alle domande del conduttore Fabio Vitale di SkyTg24 e dimostrare che nei mesi del Covid le Regioni hanno fatto bene e in alcuni casi hanno “salvato” il governo nazionale.

CASSESE: MACROREGIONI E SANITÀ ALLO STATO

Visto e considerato che l’incontro sulle Regioni, come tutti gli altri incontri del Meeting, si può andare a rivedere e riascoltare sulla pagina web del Meeting e su Youtube, ci assumiamo noi l’incombenza di dare la parola a Formigoni intorno alle provocazioni di Cassese. Il quale in sintesi ha detto quanto segue: «Alcide De Gasperi nel 1948 disse commentando la posizione di chi non voleva il regionalismo in Costituzione: “Le Regioni si salveranno, ma resisteranno solo se dimostreranno di essere migliori della burocrazia statale e di saper spendere meglio”. Non ci sono riuscite. Sono nate come corpi con compiti legislativi, ma sono diventate la quarta burocrazia dello Stato. Oggi sono soprattutto corpi amministrativi. Con la riforma del 2001 il riferimento al Mezzogiorno e alle Isole come aree bisognose di tutela è stato tolto dalla Costituzione nell’auspicio che tutte le Regioni avrebbero promosso l’unità dello Stato nell’eguaglianza, invece le diseguaglianze fra regioni sono rimaste. Che cosa possiamo fare oggi? Certamente ridurre il numero delle Regioni, che così come sono non riflettono i modi di vita e di lavoro dei territori italiani. Occorre creare delle macroregioni come esito di un raffronto fra la realtà attuale delle Regioni e le attuali esigenze della società e i modi di vita e di lavoro. Bisogna rimettere mano alle competenze, trasferirne alcune dallo Stato alle Regioni, ritrasferirne altre allo Stato, prima fra tutte la Sanità per garantire livelli di assistenza omogenei in tutta Italia. La sanità dovrebbe essere almeno una materia concorrente fra Stato e Regioni, e invece abbiamo venti diversi sistemi sanitari regionali che comportano costi. Il regionalismo dovrebbe diventare più cooperativo nei suoi rapporti con lo Stato, mentre viviamo in un sistema di continui ricorsi alla Corte costituzionale. Quella che doveva essere la Corte dei diritti è diventata la Corte dei conflitti. Le Regioni fanno bene a esigere che si usi il criterio della differenziazione, ma lo si deve fare chiarendo il discorso sulla destinazione del residuo fiscale».

GUARDARE AI “COMPITI COMUNITARI” DEI LÄNDER TEDESCHI

In un secondo intervento, Cassese ha aggiunto che «le Regioni hanno ragione a chiedere l’autonomia, autonomia è democrazia, e le competenze non possono essere trasferite solo a metà. Ma ci sono vari problemi. C’è un’asimmetria fra il presidenzialismo dei governatori di Regione e l’assenza di un presidenzialismo a livello centrale. Il primo doveva rappresentare l’anticipazione del secondo, ma ci si è fermati a mezza strada. Poi le Regioni devono abbandonare il criterio dell’esclusiva rappresentanza del loro territorio, e devono ragionare in termini di collaborazione per l’interesse nazionale. Cominciando da forme di cooperazione fra regioni forti e regioni deboli, assumendosi questo compito che riguarda l’interesse nazionale. La cooperazione verticale col governo nazionale deve accompagnarsi alla cooperazione orizzontale fra Regioni. In Germania li chiamano i “compiti comunitari” dei Länder, che riguardano l’interesse nazionale. Così verrebbe meno lo schema della conflittualità Regioni-Governo, sostituito da uno in cui le Regioni aiutano lo Stato centrale a funzionare. Le Regioni non devono vivere una vita separata, ma essere al servizio del territorio, delle Regioni più deboli e dello Stato centrale».

Le reazioni dei presidenti invitati sono state variegate. Tutti hanno respinto l’idea di trasferire a Roma in tutto o in forma partecipata la competenza della sanità; alcuni hanno fatto presente che per una migliore collaborazione col governo centrale sarebbe opportuno istituzionalizzare la Conferenza delle Regioni, che oggi non è organo costituzionale; altri hanno fatto presente che la Corte costituzionale dà molto spesso ragione alle Regioni e Province autonome, e questo significa che dei conflitti è responsabile il governo centrale; Stefano Bonaccini ha dichiarato che vuole l’autonomia senza modificare i termini del residuo fiscale: gli basta che gli siano trasferite alcune competenze, con la partita di bilancio attuale, senza aggiungere 1 euro. Molti si sono lamentati che è difficile collaborare con un esecutivo che cambia composizione una volta all’anno, mentre i governi regionali durano quasi tutti per l’intera legislatura.

FORMIGONI: CINQUE O SEI REGIONI, NO A CENTRALIZZARE LA SANITÀ

Cosa ha commentato Formigoni? «Sono d’accordo su alcune cose che ha detto Cassese, sono in disaccordo con altre. Non è vero che le Regioni hanno speso in maniera meno efficiente dello Stato. Almeno per quanto riguarda la Regione Lombardia, dopo il trasferimento delle competenze, fra il 2000 e il 2012 abbiamo sempre speso in modo più efficiente di quanto lo Stato faceva prima per quelle stesse competenze. Quanto alla burocratizzazione delle Regioni, nel 1995 abbiamo ricevuto una Lombardia che era stata ridotta a un grande ente comunale, e l’abbiamo trasformata in un ente di governo delegando i compiti amministrativi alle Province, fin quando sono esistite, e ai Comuni. Sono d’accordo che il numero delle Regioni andrebbe ridotto, e la mia posizione sta a metà strada fra quella di Gianfranco Miglio che immaginava tre macroregioni e quella della Fondazione Agnelli che ne proponeva 12; io ho commissionato uno studio che immaginava un’Italia divisa in cinque o sei regioni di 10 milioni di abitanti circa l’una. E sono d’accordissimo sulla cooperazione orizzontale fra le Regioni, ma per farlo bisogna prima cambiare la Costituzione: in questa direzione nessun governo nazionale negli ultimi anni ha preso iniziative. Sulla sanità sono di nuovo in disaccordo con Cassese: ci sono Regioni che hanno avuto governi capaci in materia di sanità e altri meno. La Lombardia, che per risorse pro capite destinate alla sanità trasferite dallo stato centrale era solo la 16ma-17ma regione in Italia, ha sviluppato una sanità ai massimi livelli italiani ed europei. Se c’è chi non fa bene, la soluzione non è centralizzare la sanità per tutti. L’eccesso di conflittualità Stato-Regioni che finisce davanti alla Corte costituzionale dipende dai difetti della riforma costituzionale del 2001, che ha istituito un numero eccessivo di competenze concorrenti: è da lì che nasce la maggior parte delle impugnazioni e dei ricorsi».

«BRAVO BONACCINI, ORA RIMETTERE MANO ALLA COSTITUZIONE»

Per quanto riguarda la gestione del residuo fiscale, «come si sa quello della Lombardia è il più alto di tutti: io sono sempre stato ben consapevole che il trasferimento delle risorse è fondamentale per lo sviluppo delle Regioni più povere, non mi sono mai associato a campagne leghiste che chiedevano di trattenere in Lombardia tutto il residuo fiscale; io chiedevo che ci fossero trasferite nuove competenze, per esempio la scuola, con la stessa dotazione di risorse di cui si valeva lo Stato per esercitarle. Sono contento che Bonaccini chieda l’autonomia invocando il trasferimento di competenze a parità di risorse: è la stessa cosa che chiedevo io tredici anni fa, nel 2007, al governo di Romano Prodi! Perché ero convinto che avremmo dimostrato di poter fare meglio dello Stato con le stesse risorse. Sul presidenzialismo a livello centrale sono d’accordissimo con Cassese: occorre una riforma del governo dello Stato in senso presidenzialista mettendo mano alla Costituzione, che si combinerebbe benissimo con una maggiore autonomia per le Regioni. Ma non si può non notare che l’attuale governo è ostile sia a una riforma presidenzialista che a maggiore autonomia per le Regioni. Le Regioni possono svolgere un ruolo di coesione dello Stato, un ruolo “nazionale”, se si rimette mano alle riforme costituzionali. I Länder tedeschi non finiscono davanti alla Corte costituzionale quando operano con spirito nazionale, le Regioni italiane ci finirebbero subito».

Foto Ansa

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.