
Festa Sant’Amborgio, Scola: «La crisi è come il travaglio del parto»
«Persuadere, attraverso una decisa auto-esposizione, ogni nostro fratello uomo ad assumere un pensiero e una pratica di pace fin nei più piccoli comportamenti quotidiani. Ciascuno, rispettando o vivendo con responsabilità il compito che la storia gli assegna, darà il suo contributo a far sì che il travaglio in atto non esasperi conflitti, ma rappresenti una risorsa per il futuro». Il cardinale Angelo Scola, nel suo primo discorso alla città di Milano in occasione della solennità di Sant’Ambrogio, ha posto l’attenzione sulla «crisi economica e finanziaria nel presente travaglio».
L’arcivescovo richiama alla «necessità che l’economia e la finanza, senza ovviamente prescindere dal loro livello specialistico, non rinuncino mai ad esplicitare un livello elementare ed universale. Tutti debbono poter capire, almeno a grandi linee, la “cosa” con cui economia e finanza hanno a che fare». Attraverso una dimensione più popolare delle tematiche trattate è possibile acquisire una «responsabilità in riferimento alla costruzione del bene comune anche attraverso sacrifici e rinnovati impegni». Ne consegue che «il domani avrà un volto nuovo se rifletterà la nostra speranza di oggi. Una “speranza affidabile” deve quindi guidare le nostre decisioni e la nostra operosità». Occorre che «ci mettiamo in gioco, impegnando tutta la nostra energia personale e comunitaria» per superare questo momento, che Scola paragona al travaglio del parto: il dolore per una gioia.
Il cardinale di Milano prosegue affermando che «occorre un serio ripensamento della ragione, sia economica che politica, come ripetutamente ci invita a fare il Papa». Per uscire dalla crisi occorre coesione: l’approccio individualistico «non rende ragione dell’esperienza umana nella sua totalità». Quanto detto è un dato che emerge dalla realtà, infatti «ogni uomo è sempre un “io-in-relazione”. Per scoprirlo basta osservarci in azione: ognuno di noi, fin dalla nascita, ha bisogno del riconoscimento degli altri». E per allargare la ragione economica e politica, il cardinale Scola offre tre brevi indicazioni di carattere culturale. Primo, non identificare la felicità con la ricchezza, cioè non ridurre «il cittadino all’homo oeconomicus, preoccupato esclusivamente di massimizzare il profitto». Secondo, identificare il principio «dell’autonomia delle realtà terrene» con «l’indifferenza» è un errore, a volte compiuto anche da alcune realtà del mondo cattolico. Terzo, è sbagliato e «irresponsabile» agire «come la cicala», cioè «spendere sistematicamente per i propri consumi ciò che non si è ancora guadagnato».
L’arcivescovo di Milano individua anche «le pratiche virtuose già in atto» nella società e dà dei consigli al mondo del lavoro: «La rivalutazione della responsabilità personale tanto dei lavoratori quanto degli imprenditori, la creazione di nuovi servizi che favoriscano la crescita professionale e affianchino a percorsi di riqualificazione e formazione il sostegno economico, la valorizzazione e la creazione di spazi di partecipazione». Infine domanda: «Perché non riprendere in seria considerazione la proposta che tutti i lavoratori abbiano parte agli utili di impresa?». Non sono mancati neanche i riferimenti alla difficile situazione del mondo giovanile. «Un’attenzione del tutto particolare va riservata, quindi, alle giovani generazioni, le più colpite dall’odierna situazione economica». «È un’urgenza primaria favorire la formazione e il lavoro delle nuove generazioni, anche attraverso un’innovativa concezione delle istituzioni scolastiche ed universitarie, in modo che si promuova con realismo la possibilità di edificare nuovi nuclei familiari».
Twitter: @giardser
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