Haider demonizzato perché contrario all’allargamento UE? Perché l’Europa reagisce con una levata di scudi tanto unanime quanto pregiudiziale all’ascesa di Haider nella piccola Austria? Perché teme una generalizzata ascesa dell’estrema destra in paesi chiave come Francia e Germania in seguito alla crisi delle tradizionali forze moderate, ha spiegato François Fejtö sullo scorso numero di Tempi. Perché la sinistra europea cerca una nuova legittimità ideologica nella memoria dell’Olocausto, e quindi ha bisogno di agitare uno spauracchio neo-nazista, spiega Eckhard Fuhr in un articolo sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung tradotto e pubblicato Italia da Il Giornale del 12 febbraio. Quentin Peel sul Financial Times del 10 febbraio propone una spiegazione più pragmatica: Haider rappresenta nel modo più esemplare i sentimenti popolari ostili all’allargamento dell’Unione Europea verso Est proprio nel momento in cui gli altri governi europei cercano di far digerire ai loro paesi tale prospettiva, per questo “l’Europa vorrebbe che Haider scomparisse”. “La verità è che Haider non è il problema in sé -scrive il commentatore del Financial Times.- Egli è un simbolo, e molte delle cause della sua popolarità sono presenti nella maggior parte degli stati dell’Unione. L’Austria non è sola nel dimostrare risentimento verso un’establishment politico logoro e corrotto, timore di un’eccessiva immigrazione e crescente incertezza per quello che significherà per il confortevole stile di vita degli attuali stati membri… In nessun paese l’immigrazione e l’allargamento dell’UE rappresentano una questione tanto cruciale quanto in Austria, ma essi potrebbero essere facilmente sfruttati da un demagogo nella maggior parte dei paesi europei. L’allargamento, che dovrebbe infine portare all’ingresso di altri 13 paesi, è ufficialmente appoggiato da tutti i governi attuali, ma i loro elettori restano decisamente scettici”.
Continua la saga del Putin bifronte Già vinta in partenza la sfida presidenziale del 26 marzo prossimo, Vladimir Putin continua la sua campagna di pubbliche relazioni rivolta sia al pubblico russo che alle cancellerie occidentali per accreditare l’immagine di sé più tranquillizzante possibile. Alla Komsomolskaya Pravda confessa di essere stato battezzato di nascosto qualche mese dopo la nascita per iniziativa della madre, in una lunga intervista all’emittente televisiva russa ORT spezza una lancia a favore della sussidiarietà del ruolo dello stato e, senza ironia alcuna, esalta la necessità dell’indipendenza dei media. I fatti, tuttavia, parlano una lingua un po’ più inquietante. L’Izvestija del 9 febbraio dà notizia che Putin ha reintrodotto per decreto nelle scuole della Federazione russa la NVP, “preparazione militare elementare”, che dopo la fine dell’Urss era stata sostituita dalla meno militarista OBZH, “apprendimento dei princìpi base per la sopravvivenza. “Il dipartimento per l’istruzione del municipio di Mosca non ha ricevuto alcuna indicazione concreta dal ministero -spiega l’Izvestija- , la risoluzione è stata per ora accolta solo come una dichiarazione di intenti”. Per ora.