Mitrokhin: gli inglesi ci guardano Non è affatto vero, come ha cercato di far credere la propaganda filo-governativa, che la divulgazione della lista di spie e “agenti di influenza” del Kgb in Italia non ha suscitato nessun interesse nella stampa internazionale. Anche limitandoci soltanto alla stampa britannica, cioè del paese da cui la documentazione è arrivata, scopriamo che almeno tre giornali si sono occupati della vicenda andando al di là della pura e semplice cronaca.
Daily Telegraph: il tradimento degli intellettuali I commenti più graffianti arrivano dalle pagine del Daily Telegraph, già implacabile fustigatore di Romano Prodi, che stavolta esprime un giudizio durissimo sugli intellettuali e i giornalisti italiani. “L’Italia – scrive Ambrose Evans-Pritchard – era un bersaglio dell’U-nione Sovietica perché era vista come l’anello debole dell’alleanza occidentale, con una classe intellettuale volubile e un Partito Comunista che abitualmente conquistava quasi un terzo dei voti alle elezioni. Mitrokhin ha confermato i sospetti che i media italiani fossero zeppi di agenti durante la Guerra Fredda. Sette dei pezzi più pregiati del Kgb nel paese erano giornalisti, pagati fino a 300 sterline al mese, ma le loro identità erano rimaste segrete sino ad oggi. Fra le loro funzioni c’era quella di rendere credibili false storie come parte di una campagna denigratoria contro la Nato e gli Stati Uniti… Ma nonostante lo sbalorditivo tradimento della classe intellettuale, l’Italia nel suo insieme non ha mai ceduto”. The Economist e Financial Times invece cercano piuttosto di collocare la storia delle spie del Kgb al suo giusto posto nell’intrico delle vicende politiche italiane passate e presenti, e lo fanno istituendo dei paralleli con altri fatti. Per il settimanale britannico per capire le reazioni italiane odierne bisogna metterle in relazione con la vicenda della P2, la loggia massonica di Licio Gelli; secondo il quotidiano della City, invece, il parallelo decisivo va istituito col processo Andreotti a Palermo.
The Economist: italiani stanchi di scandali e liste Secondo The Economist “dopo la pubblicazione delle 645 pagine del rapporto l’11 ottobre scorso, si è diffuso un senso di delusione e il caso si è sgonfiato. Anziché azzannare al collo il governo, l’opposizione ha moderato i toni. Forse alcune delle rivelazioni del dossier sono troppo ovvie per specularci sopra, come nel caso di Armando Cossutta… Ma può esserci un’altra ragione per l’esitazione dell’opposizione. Pochi italiani desiderano una ripetizione della dolorosa controversia che scoppiò nel 1981, quando fu rivelata un’altra lista: quella degli aderenti a una loggia massonica segreta, la P2. Furono scoperti documenti che collegavano la loggia a fatti di terrorismo e a scandali di corruzione, ma fu presto chiaro che alcuni suoi membri non avevano idea della natura dell’organizzazione a cui aderivano. La crisi fece cadere il governo e avvelenò la vita politica italiana per molti anni”.
Financial Times: non c’è
consenso sulla storia d’Italia Commentando l’imminente sentenza del processo Andreotti, il Financial Times spiega che “agli occhi della sinistra italiana… Andreotti e gli altri leader moderati hanno colluso con la mafia per rafforzare il consenso alla loro parte politica nell’Italia meridionale in tempo di elezioni, hanno fatto ricorso ad attentati stragisti per creare tensione e hanno ricevuto il sostegno della CIA. La destra ammette che Andreotti e i suoi alleati possono aver fatto ricorso a qualche colpo basso. Ma il pericolo più grande per l’Italia durante la Guerra Fredda era il legame fra il PCI e l’Unione Sovietica. Se i comunisti fossero saliti al potere, l’Italia si sarebbe destabilizzata. Il disvelamento della lista di 261 italiani spie del KGB proveniente dall’archivista Mitrokhin dimostra quanto grande fosse il pericolo dall’interno che l’Italia aveva di fronte… Ora la Corte di Palermo deve decidere. Comunque vada a finire, ci sarà clamore. E ci vorrà ancora parecchio tempo prima che fra gli italiani si delinei un consenso di qualche sorta sul modo di guardare alla loro storia degli ultimi decenni”.
Avete detto “dialogo”?
La sua arcidiocesi conta appena 1.250 battezzati, ma il suo intervento al Sinodo dei vescovi europei ha fatto davvero rumore. Le amare parole di mons. Giuseppe Bernardini, francescano arcivescovo di Smirne (Turchia), sulle secche in cui è arenato il dialogo fra musulmani e cristiani, hanno messo in allarme più di un presule. Per capire il perché basta leggere qualche passo del suo intervento: “Durante un incontro ufficiale sul dialogo islamo-cristiano, un autorevole personaggio musulmano, rivolgendosi ai partecipanti cristiani, disse a un certo punto con calma e sicurezza: “Grazie alle vostre leggi democratiche vi invaderemo; grazie alle nostre leggi religiose vi domineremo”… In occasione di un altro incontro islamo-cristiano, organizzato come sempre dai cristiani, un partecipante cristiano chiese pubblicamente ai musulmani presenti perché non organizzassero almeno una volta anche loro incontri del genere. L’imman-cabile autorevole musulmano presente rispose testualmente: “Perché dovremmo farlo? Voi non avete nulla da insegnarci e noi non abbiamo nulla da imparare”… Sappiamo tutti che bisogna distinguere la minoranza fanatica e violenta dalla maggioranza tranquilla e onesta, ma questa, a un ordine dato in nome di Allah o del Corano, marcerà sempre compatta e senza esitazioni”. Speriamo che l’arcivescovo abbia torto.