Lettere dalla fine del mondo
«La mia estate tra i malati della Clinica per vedere l’amore di Cristo all’opera»
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Pubblichiamo la rubrica di padre Aldo Trento contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
La fede, quando diventa adulta, genera un’opera o delle opere che, a loro volta, diventano una possibilità per incontrare Gesù o per suscitare la curiosità di conoscere il cristianesimo, o una commozione che può diventare l’inizio di un cammino come è accaduto alla responsabile marketing dell’Hard Rock Café. Dopo aver visitato la Clinica, con le lacrime agli occhi ci ha detto: «Ho girato gran parte dell’America, conosco molti paesi d’Europa e Asia, ma mai ho visto un’opera così bella dove chi dirige condivide la vita e il dolore degli ammalati».
Un’altra testimonianza è quella si Sofia, la quale ci aiuta a capire che l’opera, quando è frutto della della passione per Gesù, è una relazione anche con una sola persona a cui uno dedica la propria vita.
Mi chiamo Sofia Carozza, studio all’Università di Notre Dame negli Stati Uniti. Sono americana ma la mia famiglia ha origini italiane. Grazie ai miei genitori sono cresciuta nella storia del movimento di Cl, ma posso dire di averlo incontrato personalmente il terzo anno di liceo, al Sacro Cuore di Milano. A Notre Dame studio neuroscienza, sto per cominciare il secondo anno ma mi sento già chiamata a usare questa educazione nel servizio agli altri. Per questo ho deciso di usare l’estate facendo qualcosa che mi aiutasse a capire e sperimentare la carità e l’amore al quale mi sento chiamata. Così ho chiesto a padre Aldo di poter venire a lavorare in Fondazione.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Sono trascorse tre settimane dall’inizio del mio lavoro in Fondazione. Il giorno del mio arrivo suor Sonia mi ha mostrato la Clinica, la scuola Pa’i Alberto e i bambini della Clinica. Prima di vederla era impossibile immaginare la profondità della sofferenza di questi malati, l’immensità del loro dolore. Mi sentivo inadeguata. Vedevo però una bellezza profonda e sapevo ciò che volevo: dare e ricevere lo stesso amore che vedevo dare da suor Sonia.
Il secondo giorno ho cominciato il lavoro vero e proprio. Dalle 7.30 alle 12.30 con un bambino di nove anni, Thiago, che mostra sintomi di paranoia, rabbia e depressione. La direttrice mi ha semplicemente chiesto di accompagnarlo e aiutarlo quanto potevo, perché non è capace di stare con i compagni. Il pomeriggio è dedicato ai bambini della Casita.
I primi giorni ho assistito a momenti dolorosi che mi hanno spezzato il cuore. La morte inaspettata di un bambino durante la notte, i funerali di vecchietti malati e i pianti dei bambini. Le prime sere piangevo appena uscivo dalla Casita. Sentivo che il Signore mi chiamava a testimoniare il Suo amore in mezzo a questo dolore, ma mi sentivo lontana. Desideravo servire con l’amore che osservavo in suor Sonia e in suor Maria Gracia, ma non sapevo da dove cominciare. Dovevo consacrarmi come loro? Ho sempre considerato la vocazione una chiamata di Dio a una certa professione, a uno stile di vita. Solo vari segni ed eventi sono stati in grado di cambiare questo pensiero.
A fianco di suor Sonia
Martedì 21 giugno si è celebrata la festa di san Luigi Gonzaga. La sua biografia mi ha colpita. È il modello della carità pura. San Luigi ha vissuto per la santità, rinunciando a una vita comoda. Tutti siamo chiamati alla santità. Questa è la mia vocazione. Sono chiamata a essere testimone della bellezza della vita vissuta per il Signore. Non è una singola chiamata a una professione, è un invito ripetuto che riaccade ogni momento. Una chiamata a vivere la realtà che ho di fronte. In questo modo le mie giornate si sono trasformate. Ogni giorno diventa la possibilità di avvicinarmi al Suo cammino.
Ho una nuova pazienza, non sono presa dall’urgenza o dalle mie incapacità. Vivere il cammino di vocazione in questo modo non elimina dolore o difficoltà. Sono cresciuta nella mia capacità di soffrire, di accompagnare, perché non conto sulla mia forza ma sulla grazia divina: Cristo è morto per me e per Thiago, per i bambini e le donne della Casita, per le nostre anime. Il Signore vede il mio cammino come io vedo quello di Thiago che impara a leggere. È solo grazie alla divina provvidenza che sono capace di rispondere alla mia vocazione, che sono capace di vivere per Lui con gioia.
Sofia
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