Consapevole. Chi è consapevole? Esempio: ragazzini di prima media portati dai proff in montagna all’inizio dell’anno scolastico. Lo scopo è stare tre giorni insieme per conoscersi bene e iniziare alla grande. Obiettivo didattico principale è l’osservazione: se imparano ad osservare imparano anche a conoscere, perché il rapporto con l’oggetto è diretto, è impostato dall’oggetto stesso. Io ci sto solo per attrarli verso ciò che conta e, nei casi più gravi, girargli la testa perché sono distratti. Questa è la teoria. Vediamo la pratica. Piove!, per cui le guide del parco delle incisioni rupestri dei Camuni non ci fanno visitare le incisioni, ma ci fanno ripiegare sulle attività di laboratorio: “Poi siamo andati nei laboratori di allora che somigliavano a quelli dei nostri tempi, solo che la differenza stava nel modo di costruzione, cioè che allora veniva fatto tutto a mano, invece al giorno d’oggi gli strumenti da lavoro sono motorizzati”. Indubbiamente, per credere di essere andata in un laboratorio di allora la ragazzina deve essersi proprio immedesimata! E ancora. Passano due giorni e il tempo migliora, per cui lieve gita in montagna. “A metà strada ci siamo fermati in un prato dove nello zaino avevamo portato dei fogli da disegno, su cui abbiamo disegnato il panorama che più ci piaceva visto dove eravamo noi.” Questa invece non sa dire quel che pensa, e così rischia di non sapere di pensare, cioè di essere al mondo. Entrambi sono testuali brani scritti dai ragazzini. Che fare? Il professore:” Un testo scritto deve avere le caratteristiche della organicità, della pertinenza, il lessico deve essere appropriato, ecc. ecc., zzz…” Un maestro invece si siede di fianco all’allievo e dice: “Cosa volevi dire?”, e tramite la discussione che il primo instaura e favorisce si cerca insieme di ricostruire quel che c’era e il punto di vista di chi c’era. Tutto qua. Chi è consapevole? Chi si sente amato per quel che è, così com’è. E di che abbiamo paura, quando vorremmo farli diventare ciò che non possono, che il diavolo se li porti via? Non lo farà se, senza dire che sono belle (!) faremo vedere o fare ai pargoli cose belle insieme. E poi facendogliene parlare. Come nella vita.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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