È Lula il nuovo leader della “Patria Grande” sognata da Chávez?

Molto è cambiato dalla sconfitta di Bolsonaro: dal golpe fallito in Perù alle ambizioni di Petro, l'ex sindacalista dovrà faticare non poco per tornare ad imporsi sulla ondata rossa latinoamericana

Il presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva e il vicepresidente Geraldo Alckmin salutano la folla dopo la cerimonia di insediamento (foto Ansa)

Lula torna al potere in Brasile pronto a mettersi alla guida della “Patria Grande”, l’allegoria politica inventata da Chávez che riunisce tutti i leader delle correnti di sinistra, rivoluzionarie e populiste dell’America Latina. Tutti hanno festeggiato il primo gennaio in grande stile il ritorno del leader brasiliano alla ribalta mondiale, che avviene sulla cresta della seconda onda rossa, in piena egemonia della sinistra due decenni dopo la prima che lo stesso Lula aveva vissuto da protagonista insieme al comandante Chávez, a Néstor e Cristina Kirchner, ad Evo Morales, a Daniel Ortega e a Rafael Correa.

Il Brasile rientra nella Celac

Il primo incontro che riunirà tutti i leader della sinistra latinoamericana di oggi per approfondire la loro strategia di isolare sempre più l’Organizzazione degli Stati americani (Oas) e resuscitare l’organismo creato dallo stesso Lula e da Chávez a Caracas più di un decennio fa, è il vertice della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici, la Celac, in programma a Buenos Aires il prossimo 24 gennaio. In questo modo il Brasile farà il suo ritorno ufficiale nella Celac, dopo quattro anni di assenza, visto che l’ex presidente Jair Bolsonaro aveva ritirato il paese del samba dallorganizzazione che, per scelta dei fondatori, esclude Stati Uniti e Canada.

Il ritorno di Maduro 

L’impatto di Lula servirà anche a consolidare ciò che è già un dato di fatto: il ritorno del suo alleato, il dittatore del Venezuela, Nicolás Maduro sulla scena internazionale dopo anni di isolamento. Nonostante l’amministrazione brasiliana avesse aperto la porta alla presenza del chavista alla cerimonia del giuramento, Maduro alla fine non si è recato a Brasilia, ma ha salutato con entusiasmo la «nuova ondata liberatrice che sta spazzando la Grande Patria, aprendo strade di avanzamento geopolitico per i progetti della sinistra sudamericana».

Al suo posto, il regime di Caracas ha inviato il presidente del fraudolento parlamento chavista, lo psichiatra Jorge Rodríguez che, oltre ad essere il capo della delegazione negoziale in Messico con la sempre più divisa opposizione venezuelana, è soprattutto l’alter ego di Maduro per il controllo della popolazione attraverso il riconoscimento biometrico e la gestione delle urne elettroniche usate per “votare” a Caracas da un lustro. Lo fa tramite Ex-Clé, una oscura società argentina sanzionata dall’Ofac, l’agenzia di intelligence finanziaria e controllo del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti perché ha «aiutato economicamente il regime di Maduro a organizzare le elezioni parlamentari fraudolente del 6 dicembre 2020». Nel 2009 fu proprio Rodríguez a puntare per primo in Venezuela sui servizi di Ex-Clé e, da allora, per la “democratura” venezuelana in salsa chavista le elezioni non sono più un problema.

Lula e il sogno della “pace totale” di Petro

Le circostanze sono però cambiate rispetto a quando, il 30 ottobre scorso, Lula ha sconfitto di stretto margine Bolsonaro e l’ex sindacalista dovrà faticare non poco per tornare ad imporsi come leader della sinistra latinoamericana. Il fallito autogolpe in Perù e il sostegno a Pedro Castillo mantenuto contro ogni logica democratica dal presidente messicano Andrés Manuel López Obrador e dal suo omologo colombiano Gustavo Petro, unitamente ad altre iniziative, come il forte impegno in Amazzonia che sta portando avanti l’ex guerrigliero, confermano quello che gli osservatori politici vanno dicendo da mesi: Lula e Petro si contenderanno nei prossimi anni lo scettro della “Patria Grande”.

L’apertura totale” del confine tra Venezuela e Colombia, tenutasi nei giorni scorsi al Ponte Anastasio Girardot con una pittoresca cerimonia presieduta dai vescovi di entrambi i paesi, ha infatti confermato che grazie al suo stretto rapporto con Maduro, Petro punta alla “pace totale” con guerriglieri e altre bande armate. Lula parteciperà ai negoziati di pace, che a gennaio si sposteranno da Caracas allAvana, e lì vedremo se le sue note capacità negoziali riusciranno a fare il miracolo. Se così sarà, come speriamo tutti, vorrà dire che la “Patria Grande” avrà trovato il suo nuovo leader anche se, questa volta, più che una leadership unica ci sarà una sorta di triunvirato, con i già citati Petro e López Obrador, che aspirano anche loro a diventare simboli di questa nuova ondata rossa latinoamericana.

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