Dubbi giuridici sul green pass
«Chi non crede alla verità, sarà tentato di rimettere ogni decisione, ogni scelta, alla forza, secondo il principio che, siccome non si può comandare ciò che è giusto, è giusto ciò che è comandato»: così giustamente chiosava Norberto Bobbio nelle sue riflessioni sui rapporti tra libertà e verità, poiché la prima senza la seconda è inconcepibile divenendo il presupposto teoretico per la creazione di un sistema basato non già sul diritto, ma esclusivamente sulla forza, sul comando, cioè di un regime sostanzialmente dispotico.
L’unico modo per evitare le tirannie, piaccia o meno, è seguire la strada della giustizia, cioè quella che riconosce a ciascuno il suo.
Sebbene molti, anche tra i giuristi, abbiano avuto modo di convincersi durante il lungo tempo della pandemia che lo Stato di diritto possa essere sospeso per far fronte all’emergenza sanitaria, così non è, poiché senza seguire la via del diritto non si può seguire la via della giustizia, come del resto conferma – a contrario – la storia del XX secolo in cui tutti i regimi totalitari erano anche radicalmente antigiuridici poiché votati alla negazione dei diritti fondamentali riflesso policromatico di quell’unica fonte di luce emanata dal diritto naturale.
Per evitare il ripetersi della storia, dunque, occorre raggiungere il giusto fine con il giusto mezzo.
Trattamento senza responsabilità
Nel contesto pandemico, quindi, se è senza dubbio doveroso utilizzare i mezzi messi a disposizione dalla scienza, come i vaccini, è anche altrettanto doveroso farlo nel modo giuridicamente giusto.
In questo senso, occorre precisare con estrema chiarezza che non si tratta né di un problema politico, sebbene sia stato gravemente ideologizzato, né strettamente medico; non si tratta nemmeno di un confronto orizzontale pro-vax e no-vax, ma verticale poiché la questione è prettamente giuridica in quanto si consuma tra un potere – l’Esecutivo – che presumendosi assoluto (cioè svincolato da norme e principi ad esso anteriori e superiori), in maniera del tutto inedita, obbliga di fatto (e non di diritto) ad un trattamento sanitario senza assumersi le correlate responsabilità e i cittadini obbligati di fatto (e non di diritto) senza le garanzie minime essenziali a tutela dei loro diritti costituzionali.
Se il green pass fosse una mera certificazione non creerebbe alcun problema; ma poiché così non è andando a comprimere, e forse anche sopprimere, alcuni diritti fondamentali i nodi vengono al pettine.
Si consideri, inoltre, che non è tanto la libertà di scelta ad essere chiamata in causa – come erroneamente si pensa in alcuni ambienti cattolici –, ma la responsabilità conseguente al dovere di solidarietà (che caratterizza una campagna vaccinale di massa) a cui le istituzioni, lo Stato, il Governo e il Ministero della Sanità si stanno incredibilmente sottraendo con il green pass come forma di obbligo vaccinale di fatto e non di diritto.
La sentenza della Consulta
L’obbligo di solidarietà che impone al cittadino di vaccinarsi, infatti, è biunivoco, e impone alla collettività rappresentata dalle pubbliche istituzioni di farsi carico degli eventuali effetti collaterali, fossero anche pochi, rari o isolati, che il cittadino potrebbe subire perfino da una campagna vaccinale non obbligatoria come attualmente e formalmente è quella anti-covid.
In questa direzione, proprio di recente, la Corte costituzionale, con la sentenza 118/2020, ha statuito quanto segue: «In presenza di una effettiva campagna a favore di un determinato trattamento vaccinale, è naturale che si sviluppi negli individui un affidamento nei confronti di quanto consigliato dalle autorità sanitarie: e ciò di per sé rende la scelta individuale di aderire alla raccomandazione obiettivamente votata alla salvaguardia anche dell’interesse collettivo, al di là delle particolari motivazioni che muovono i singoli. Questa Corte ha conseguentemente riconosciuto che, in virtù degli artt. 2, 3 e 32 Cost., è necessaria la traslazione in capo alla collettività, favorita dalle scelte individuali, degli effetti dannosi che da queste eventualmente conseguano. La ragione che fonda il diritto all’indennizzo del singolo non risiede quindi nel fatto che questi si sia sottoposto a un trattamento obbligatorio: riposa, piuttosto, sul necessario adempimento, che si impone alla collettività, di un dovere di solidarietà, laddove le conseguenze negative per l’integrità psico-fisica derivino da un trattamento sanitario (obbligatorio o raccomandato che sia) effettuato nell’interesse della collettività stessa, oltre che in quello individuale. Per questo, la mancata previsione del diritto all’indennizzo in caso di patologie irreversibili derivanti da determinate vaccinazioni raccomandate si risolve in una lesione degli artt. 2, 3 e 32 Cost.: perché sono le esigenze di solidarietà costituzionalmente previste, oltre che la tutela del diritto alla salute del singolo, a richiedere che sia la collettività ad accollarsi l’onere del pregiudizio da questi subìto, mentre sarebbe ingiusto consentire che l’individuo danneggiato sopporti il costo del beneficio anche collettivo».
La questione dei trasporti
Ancora: l’eventuale annunciata estensione del green pass anche ai trasporti renderebbe frontalmente contrario un tale allargamento della tessera verde al Regolamento europeo n. 953/2021 che, con estrema chiarezza, ha così sancito: «È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti Covid-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinate. Pertanto il possesso di un certificato di vaccinazione, o di un certificato di vaccinazione che attesti l’uso di uno specifico vaccino anti Covid-19, non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione o per l’utilizzo di servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri quali linee aeree, treni, pullman, traghetti o qualsiasi altro mezzo di trasporto. Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati».
Sovversione dei principi giuridici
Posto, infatti, che il green pass, come è evidente, ma anche come è stato notato, non riduce i contagi, ma erode profondamente le fondamenta dello Stato di diritto, non si può che avere dubbi sulla sua legittimità giuridica ed etica, dato che, per di più, introduce una discriminazione basata sulle condizioni sanitarie dei cittadini assicurando una maggiore tutela giuridica – perfino di diritti costituzionalmente tutelati – ai cittadini vaccinati rispetto a coloro che non si sono vaccinati.
Incredibilmente, insomma, si assiste ad una sovversione dei principi giuridici per cui non si valuterà la legittimità e l’efficacia di un certificato come il green pass alla luce dei diritti fondamentali, ma, per la prima volta nella storia repubblicana, si valuterà l’efficacia e la legittimità dei diritti fondamentali alla luce di un certificato come il green pass.
Il green pass, insomma, pur essendo pienamente legale, è e rimane intrinsecamente anti-giuridico, poiché, come ha ricordato Aleksandr Zinov’ev, sintetizzando la tragica esperienza storica del XX secolo, «non è detto che una normativa (o legalità) qualsiasi sia indice di una società basata sul diritto».
Foto Ansa
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