

Intervistato dal sito formiche.net, il direttore di Tempi, Luigi Amicone, ha risposte ad alcune domande in merito alla manifestazione “Difendiamo i nostri figli” del 20 giugno a Roma. Il compito che aspetta chi ha partecipato all’evento, ha spiegato Amicone, è di «dare continuità a quella piazza per rilanciare la sfida culturale in difesa dell’uomo». Una piazza composta da «persone informate, che non vogliono essere prese per il naso ed esprimono apertamente un dissenso fondato su ragioni molto forti» e che non si piega alla «teoria del gender i cui principali sostenitori arrivano addirittura a negarne l’esistenza».
Per Amicone, al di là del numero dei partecipanti, si è trattato di un successo per una manifestazione «messa in piedi in pochi giorni», un evento «nato dal basso, dove nessuno aveva i pullman pagati dagli organizzatori». Dopo la mobilitazione di tanti cattolici, «occorre anche un ampio fronte del libero pensiero».
I VESCOVI. In seguito alla manifestazione ci sono state alcune polemiche per le parole pronunciate sul palco da Kiko Arguello a proposito del segretario generale della Cei, Nunzio Galantino. Secondo il direttore di Tempi «è stato proprio il Papa, autorità che bisogna seguire, a dire ai vescovi di non fare i piloti e lasciare ampio margine ai laici. La Cei, quindi, non formalizzando nessuna adesione all’iniziativa, ha garantito maggiore liberà e inattaccabilità alla manifestazione», evitando così «le strumentalizzazioni di chi avrebbe protestato contro una Chiesa che interferisce con lo Stato. Non dimentichiamo poi i tanti vescovi che hanno fatto sentire la loro voce in favore della manifestazione».
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]CL. Anche Cl, con una nota interna al movimento, ha spiegato la ragioni della sua non adesione alla manifestazione, pur lasciando i suoi aderenti liberi di parteciparvi. Per Amicone «i nostri responsabili hanno fatto una valutazione in merito alla non opportunità di appoggiare questo evento. Io sono un ciellino e ho ritenuto, nella mia libertà di laico, di fare una valutazione diversa; nessuno mi ha sgridato, non sono stato ammonito». Don Julian Carròn «ritiene che, siccome la secolarizzazione è ormai dentro le vene dell’Occidente, davanti a un potere inarrestabile che fa crollare anche le evidenze più elementari occorra proporre una testimonianza cristiana che nel tempo, attraverso il fascino di uomini nuovi, cambierà il mondo». Un’analisi corretta, cui Amicone aggiunge «l’esempio dei dissidenti sovietici, occorre testimoniare la verità e la giustizia anche se c’è un potere che domani farà tutte le leggi che vuole. Io di fronte alla storia e ai miei figli ho provato a combattere pubblicamente per quello in cui credo, e questo rimane un fatto». E a proposito dell’intervento di Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la vita, che ha detto che don Luigi Giussani avrebbe partecipato alla manifestazione, Amicone pensa che «Amato ha tirato Giussani per la giacchetta. È chiaro che il Gius condivide tutta quella piazza (come la condivide nei contenuti Carròn) dato che proprio lui disse “mandateci in giro nudi ma lasciateci la libertà di educare”».
I LAICI. E a proposito del commento di Pierluigi Battista, apparso sul Corriere della Sera, in cui si sottolineavano le divisioni fra le varie anime cattoliche, Amicone ha commentato che «è vero che i cattolici hanno approcci e visioni differenti, a volte si danno pizzicotti tra loro, ma i laici davanti alle nuove sfide sulla famiglia e sull’uomo cosa dicono, dove sono? Lasciano solo ai cattolici la discussione su queste tematiche? Perché non hanno nulla da dire? Lo so che è scomodo porre dei problemi ai militanti lgbt, ma se non prendono posizione davanti a queste sfide gli intellettuali laici rischiano di fare i venditori di detersivi, tramite i giornaloni su cui scrivono, per conto delle lobby del pensiero unico».
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