La bellezza racconta i suoi “primi” 40 anni. Lo fa in occasione di Beauty in Progress, la mostra che si svolge presso la Galleria Giò Marconi di Milano, ha aperto i battenti all’inizio delle sfilate milanesi e si concluderà il 17 ottobre. La mostra presenta un collage di immagini di bellezza femminile vista attraverso l’obiettivo dei maggiori fotografi di moda dell’ultima metà di secolo. Passando attraverso i ritratti di fotografi noti quali David Bailey, Angelo Rizzo, Peter Lindbergh, Ellen von Unverth e Carter Smith, la mostra presenta l’evoluzione dell’immagine e degli stili di vita della donna del nostro tempo. Partendo dagli anni ’60, ad esempio, prevale un’immagine teatrale: le pose sono statuarie, le pettinature sono costruite e poco naturali e lo sguardo è sottolineato da eye-liner e ciglia finte. Dal ’68 fino agli anni ’70, l’aspetto è casual e hippy, il viso è struccato e i capelli lunghi vengono lasciati sciolti. A breve distanza i capelli s’accorciano e s’arricciano in stile “afro” e ricompaiono alcuni tocchi di seduzione come rossetti vivaci e ombretti madreperlati. Negli anni ’80, invece, il corpo è protagonista, perché scolpito da ore di palestra e d’aerobica, e il viso assume un aspetto sano, perché truccato con colori vivaci, ma naturali. Gli anni ’90, invece, non sembrano presentare caratteristiche dominanti particolari o, piuttosto, mostrano tendenze contrastanti al tempo stesso. Sono anni di sbandamento e confusione, anche per quello che riguarda make-up e immagine: sexy, prosperosa e volgare, oppure sognante ed eterea come in una fiaba, ma anche anoressica, pallida e intristita, oppure diafana, lunare e cibernetica come negli ultimi scorci di millennio. Tutto si è confuso in questo volgere di secolo. Basti pensare che tra il ’90 e il ’99 si è passati attraverso il revival di tutte e quattro le decadi precedenti. E per il 2000? Lusso e spensieratezza saranno alcuni chiodi fissi. Gli abiti d’oro 18 carati di Gai Mattiolo è un esempio, così come il kit di tre paia di scarpe con accessori intercambiabili di Diego Dolcini che costa solo tre milioni di lire. ([email protected])
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi