Fucilata dai repubblicani spagnoli perché aiutava di nascosto le suore perseguitate. Sarà beata a ottobre
Il prossimo 13 ottobre, in una cerimonia presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei santi e rappresentante di papa Francesco per questa occasione, saranno beatificati a Tarragona 522 martiri della guerra civile spagnola, fra i quali figurano molti religiosi ma anche diversi laici, persone comuni che diedero la vita per non dover rinnegare la propria fede. Si tratta, per la Conferenza episcopale spagnola, di uno degli eventi principali dell’Anno della fede.
Nei giorni scorsi monsignor Vicente Cárcel Ortí, storico e autore di diversi libri sui cattolici spagnoli perseguitati dai repubblicani negli anni Trenta, ha spiegato in un’intervista a tempi.it l’importanza di questo evento per la Chiesa. Questo articolo è il terzo della serie dedicata ai martiri laici che saranno beatificati a ottobre (leggi anche le storie di José María Poyatos Ruiz, di Sebastián Llorens Telarroja e di Lucrecia García Solanas).
La sua testimonianza di martire ha un grande valore spirituale, perché fu arrestata dai repubblicani spagnoli mentre forniva cibo ad alcune suore nascoste durante la persecuzione anticattolica. A loro volle unirsi, pur potendo, da laica, rimanere a casa con i suoi familiari senza correre pericolo.
LA VICENDA. Dolores Broseta Bonet nacque nel 1892 e fu educata dalle Figlie della Carità di Bétera, il suo paese natale, a una ventina di chilometri da Valencia. Le sue condizioni di salute non le permisero mai di entrare nella congregazione, perciò si dedicò alla cura e all’insegnamento dei bambini. Ma quando sua madre morì, nel 1925, andò a vivere in convento aiutando le suore come laica. Nonostante la salute cagionevole, Dolores serviva la comunità in tutti i modi poteva. Secondo i racconti di chi la conosceva, era una donna generosissima e buona. Quando il 21 di luglio del 1936 le suore furono cacciate dal convento, Dolores si rifugiò a casa dei suoi fratelli. Le religiose, invece, trovarono ospitalità in un appartamento in paese, ma agli inizi di agosto il comitato comunista ingiunse loro di allontanarsi da Bétera. La piccola comunità di cinque suore si spostò allora a Valencia, in una locanda, e Dolores si prodigò affinché non mancassero loro i viveri. Era lei che andava per le strade in cerca di modi per sopperire alle necessità delle religiose. Spesso faceva la spola tra Valencia e Bétera per fare arrivare alle “sorelle” il cibo raccolto dai tanti abitanti del paese che ancora nutrivano stima nei loro confronti.
L’ULTIMA AL PATIBOLO. Le cinque suore furono arrestate a Valencia i primi giorni di dicembre. Con loro i miliziani del Fronte popolare catturarono anche Dolores. Le donne furono portate nel seminario diocesano e il 9 di dicembre, all’una di notte, furono condotte al “Picadero de Paterna”, dove di solito assassinavano i sacerdoti e le religiose. Lì furono fucilate insieme ad altri trenta-quaranta cattolici. Prima di morire, nei mesi in cui rimasero nascoste, le Figlie della Carità non smisero mai di partecipare clandestinamente alla Messa quotidiana, e quando si trasferirono nel secondo rifugio, in mancanza di un sacerdote, si alzavano alle 4 di mattina per leggere il messale. All’arrivo dei repubblicani le suore capirono subito cosa sarebbe accaduto, e una di loro, suor Josefa, si girò verso le altre dicendo: «Andiamo a soffrire per Dio. Ora siamo nell’Orto dei Getsemani». La donna chiese ai carnefici di essere uccisa per ultima, così da poter incoraggiare le altre sorelle a non abiurare.
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2 commenti
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cosa si studia a verona, oltre a leggere per anni il manifesto? povera italia.
A Lidia Giarola
L’uguaglianza non è un principio naturale lo dimostra il puro semplice fatto che in natura tutti siamo diversi e unici. Questo è un grande valore da rispettare: il naturale dono della diversità e unicità di ognuno. I sistemi umani, poi possono scegliere se applicare politicamente l’idea di eguaglianza (uguali diritti, uguali doveri) come punto di partenza che valorizzi la specificità di ognuno nel percorso della vita, oppure, se istituire l’uguaglianza come modello supremo e precostituito ideologicamente, da imporre sul piano sociale ed economico, ottenendo una società autoritaria, omologante e di fatto morta. Questo ha fatto il comunismo! E’ la storia a dirlo non una “fantasticheria reazionaria”. Infatti sfido chiunque a trovare un regime comunista che non abbia almeno incarcerato un dissidente che si opponeva all’omologazione innaturale dettata dalla demagogia dell’ideologia comunista e falsamente egualitaria.