Dice il saggio che esistono tre tipi di bugie: quelle grandi, quelle piccole e le statistiche. Non è sempre vero, ma qualche volta sì. Prendete per esempio la classifica di 168 paesi del mondo sulla base dell'”indice dei diritti umani” elaborato da The Observer, il settimanale del Guardian, il principale quotidiano britannico di simpatie laburiste. Stando all’elaborazione dei dati, l’Italia ricopre una posizione invidiabile nell’elenco di chi commette abusi contro i diritti umani: si trova infatti soltanto al 150° posto, preceduta da paesi come Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti! In cima alla classifica, cioè al top della malvagità, troviamo come da copione un pugno di paesi africani e mediorientali abituati a salire al disonore delle cronache: Repubblica Democratica del Congo, Ruanda, Burundi, Algeria, Sierra Leone, Egitto, Corea del Nord, Sudan, Indonesia, Jugoslavia, Pakistan, Cina, Libia, ecc. I paradisi dei diritti umani sarebbero invece paesi come il principato di Monaco, Malta, Lussemburgo, il Liechtenstein, Finlandia, Danimarca, Antigua e Barbuda, Andorra, Tonga, ecc. Eppure, a un esame più ravvicinato, si nota che c’è qualcosa che non va: secondo gli ineffabili compilatori dell’Observer la democratica Corea del Sud starebbe sullo stesso piano dello Sri Lanka devastato dalla guerra civile e molto più in giù di dittature appena camuffate come Tunisia, Kenya e Bielorussia; gli Stati Uniti si ritrovano allo stesso livello della Russia (!) e ridicolizzati, col loro 65° posto, da oltre 100 paesi del mondo noti per la loro rigorosa applicazione dei diritti umani come Bangladesh, Centrafrica, Guatemala, Laos, Niger, Ucraina, Emirati Arabi Uniti, Zimbabwe, ecc. Vi scappa da ridere? Non avete ancora sentito questa: l’Albania, la Mauritania e la Mongolia stanno davanti alla Gran Bretagna; l’Azerbaigian e il Ghana sopravanzano la Francia; l’Italia va benone, ma mai quanto la Macedonia e la Papua Nuova Guinea. Chi sa un po’ di politica internazionale oppure ha conosciuto direttamente alcuni di questi paesi non può fare a meno di sorridere e di chiedersi sulla base di quali indicatori sia stata stilata una classifica tanto bislacca. Pare dunque che i valorosi analisti dell’Obser-ver abbiano preso in mano un po’ di rapporti di Amnesty International e annotato in quali paesi erano stati rilevati i seguenti fenomeni: esecuzioni extragiudiziarie, persone scomparse, torture, decessi in detenzione, prigionieri di coscienza, processi non equi, detenzione senza processo, esecuzioni capitali, condanne a morte, abusi da parte di gruppi di opposizione armata. Che in un paese ci sia il partito unico o il pluralismo dei partiti, che le elezioni siano oneste o brogliate, che la stampa sia libera o di regime, per l’Observer non è rilevante al fine di definire il rispetto dei diritti umani. E che ci sia un’esecuzione capitale o 100, uno-due casi di tortura oppure l’uso sistematico della stessa, non fa nessuna differenza. Bel modo di fare i conti!
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi