Dieci anni senza il Signor G, «l’uomo che m’insegnò l’importanza della partecipazione»
Oggi Giorgio Gaber avrebbe compiuto 74 anni. Per ricordare il grande cantautore milanese, riproponiamo l’intervista a Paolo Dal Bon, amico di vecchia data e presidente della Fondazione Giorgio Gaber.
[internal_video vid=70037]Il 1° gennaio del 2013 saranno dieci anni senza Giorgio Gaberscik. Conosciuto dal grande pubblico con il suo nome d’arte, Giorgio Gaber, e chiamato affettuosamente dai suoi estimatori Signor G. Dieci anni sono passati in un lampo, ma la memoria del geniale cantautore milanese è rimasta intatta. Grazie anche all’infaticabile lavoro della Fondazione Giorgio Gaber, che dal 2006 lavora con passione per divulgare e valorizzare la figura e l’opera dell’artista. Il presidente della Fondazione è Paolo Dal Bon, una delle poche persone che ha avuto il privilegio di essere amico di Gaber per venticinque anni: «Per me è stato un vero esempio, una persona il cui spessore è difficile descrivere a parole». In questi giorni il presidente, assieme a Dalia Gaberscik, figlia di Gaber e vice presidente della Fondazione, sta lavorando assiduamente per un decennale da ricordare. Il primo step è stato compiuto: il 13 novembre scorso è uscito infatti in tutti i negozi di dischi Io ci sono, una raccolta di 50 brani del Signor G interpretati dai più grandi artisti della musica italiana. Qualche nome: Enzo Jannacci, Lucio Dalla, Adriano Celentano, Max Pezzali, J Ax, Syria, Ligabue, Gianna Nannini, Morgan.
Ci sono tutti, dagli amici di una vita agli artisti più giovani che non hanno avuto il piacere di conoscerlo.
È un progetto veramente importante, che può contare sull’apporto di persone straordinarie che per anni hanno portato sul palcoscenico le canzoni di Gaber. Ci sembrava doveroso sintetizzare i loro contribuiti in un album tributo. I 50 artisti, in egual misura, sono stati felici di prenderne parte, perché per loro Gaber è stato e rimane un riferimento musicale e umano. Sono tutti legati a lui, in un modo o nell’altro, e la loro stima è sincera. Ognuno si è confrontato con un brano del repertorio del Signor G a suo modo: del resto Gaber è già considerato un classico e, in quanto tale, tutti hanno il diritto di avvicinarsi a lui e alla sua opera.
La storia di Gaber è inevitabilmente legata alla sua città, Milano.
Senza dubbio. Stiamo lavorando affinché in città si celebri degnamente questo decennale. La rassegna Milano per Gaber da anni è un appuntamento fisso negli eventi meneghini e sono sicuro che si ripeterà quest’anno. E speriamo di poter fare qualcosa di più.
La Fondazione è una fucina continua di idee.
Lavoriamo sempre tenendo in mente il nostro scopo principale, tenere viva la memoria dell’opera di Gaber e di Sandro Luporini, suo collaboratore e amico, e avvicinare i giovani alle loro produzioni. Abbiamo un sito pieno di informazioni, un libro di Sandro Luporini prossimo all’uscita, lavoriamo con il teatro e promuoviamo iniziative in molte città italiane. Il 14 gennaio andrà anche in onda sulla Rai una puntata monografica dedicata da Gaber e condotta da Fabio Fazio.
Lei è stato suo amico per lungo tempo, cosa le manca maggiormente oggi?
Non è facile dirlo. Ho avuto il privilegio di essere suo amico per 25 anni. Semplicemente posso dire che era una persona straordinaria, un esempio. Accanto a lui capivi che bisognava sempre essere attenti a quello che ti circonda, partecipare. Era un costante riferimento che mi portava a essere più vigile, attento, ad avere una tensione positiva verso il mondo.
C’è un brano della sua discografia che predilige e che consiglierebbe a chi volesse avvicinarsi a Gaber?
Che domanda difficile! Anche perché Giorgio trascurò la parte discografica, e di questo me ne rammarico, per dedicarsi al teatro canzone e questo forse non gli permise di far conoscere a un pubblico più vasto i pezzi realizzati in studio. Però credo che un buon tramite per avvicinarsi a lui sia Io non mi sento italiano, il suo ultimo disco uscito nel 2003 quando, per ragioni di salute, dovette rinunciare al teatro e si convinse a registrare un album in studio. Il risultato parla da solo.
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Tanti auguri anche a Paola D’Antuono.
per cosa?