Le deputate danesi e la nemesi perfetta dell’uguaglianza

Di Piero Vietti
14 Settembre 2023
L'unico parlamentare uomo del partito green Alternativet si ammala e si dimette. Le colleghe donne esultano, ma vengono redarguite perché poco inclusive. Repubblica in brodo di giuggiole: «Finalmente gli uomini esprimono emozioni»
Danimarca alternativet
Le sei deputate di Alternativet nella foto postata per celebrare la "giornata storica"

Povere deputate danesi di Alternativet, partito ambientalista che fa parte della coalizione del governo di sinistra: non appena hanno osato festeggiare sui social il record di essere il primo gruppo parlamentare esclusivamente femminile nella storia del paese, subito sono state redarguite dal ministro per l’Uguaglianza, donna anche lei naturalmente. La liberale Marie Bjerre, infatti, ha commentato scocciata su X che «Avere un gruppo di sole donne non dovrebbe mai essere un obiettivo. Manda il segnale che gli uomini non siano benvenuti e questo polarizza la battaglia per l’uguaglianza».

Il cazziatone della ministra per l’Uguaglianza

Ma che cosa avevano scritto le sei deputate? «Oggi è un giorno storico. In Danimarca per la prima volta in assoluto c’è un gruppo parlamentare esclusivamente femminile. Le donne ottennero il diritto di voto nel 1915 e vennero elette per la prima volta nel 1918. Da allora sono passati 105 anni. D’altra parte, in passato ci sono stati molti gruppi composti interamente da uomini, l’ultimo nel 2019». Ora la cosa curiosa della vicenda è che Alternativet ha sei deputate tutte femmine perché l’unico parlamentare maschio, Torsten Gejl (ovviamente capogruppo, se no che maschio sarebbe), ha appena chiesto un congedo per malattia. Nulla di grave, soltanto che Gejl non sopportava più lo stress, non si sa se del ruolo politico o del dovere lavorare con cinque donne. Particolare sottolineato dalla ministra Bjerre, la quale ha fatto notare la poca eleganza delle deputate verdi nell’esultare per la malattia di un collega.

C’è sempre qualcuno più inclusivo di te pronto a escluderti. Cortocircuito perfetto, insomma, con tanto di replica della portavoce di Alternativet, Franciska Rosenkilde. Da politica di razza, Rosenkilde ha usato la tattica del “ma anche”, dicendo che un gruppo tutto femminile è positivo perché in parlamento c’è ancora una maggioranza maschile, ma anche che la soluzione «ottimale» sarebbe una squadra con anche degli uomini «perché combattiamo per l’uguaglianza di tutti i generi». Gejl, assicurano dal partito, è «felice del nostro primato, Ed è indegno che un ministro coinvolga un collega in malattia nella sua crociata contro Alternativet».

«Finalmente gli uomini possono esprimere emozioni»

In brodo di giuggiole naturalmente Repubblica, che ieri titolava «Barbieland in Danimarca», riferendosi al mondo del film Barbie in cui le donne occupano tutti i posti di potere e gli uomini sono semplici accessori. Il giornale che ogni giorno attacca la prima premier donna italiana raccontava con malcelata soddisfazione delle dimissioni del deputato Torsten Gejl, chiamandolo solo con i nome di battesimo nel pezzo, affinché la nemesi fosse perfetta: «Prima era toccato anche a Jakob Ellemann-Jensen, il ministro della Difesa, che in piena guerra in Ucraina si è preso un semestre di pausa. Uomini che sanno riconoscere i propri limiti, e hanno il coraggio di alzare bandiera bianca».

E giù con l’elenco dei meriti di femministe e attivisti Lgbtq che in Danimarca hanno raggiunto grandi conquiste come «i cambiamenti nel concetto di mascolinità» per cui «finalmente agli uomini, di sinistra e di destra, è consentito esprimere le proprie emozioni in pubblico». Lacrime, dimissioni e cazziatoni social per la poco inclusività. Evviva l’uguaglianza danese. (Ah, Torsten Gejl ha già detto che appena starà meglio tornerà in Parlamento. «Ma ci sarà comunque da festeggiare», assicura Repubblica).

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