A causa di un errore di valutazione nei confronti del marxismo e del comunismo, l’azionismo soffre di un complesso di superiorità, che ha provocato non pochi disastri nella vita politico-sociale italiana di quest’ultimo cinquantennio: quello della sua pretesa di rappresentare una forza ulteriore e superiore al comunismo, proponendosi come ricomprensione illuministica del marxismo, alla maniera di Gramsci, e come principale forza antifascista. Ma in questo modo l’azionismo è costretto a rifiutare l’anticomunismo in ragione del fatto che il comunismo è antifascista. Più precisamente è portato a distinguere due forme di comunismo: quella illuministico-gramsciana, che può conquistare per via democratica il potere politico perché accetta i valori laici e liberali, e quella staliniana che è oppressiva e dittatoriale e ciò in relazione alla particolare storia russa e alla sua arretratezza economica e culturale. Dunque l’unica parvenza di vita per l’azionismo non può essere se non nell’eternizzare una polemica antifascista che non ha una plausibile ragion d’essere perché il fascismo è morto. Di qui la necessità di disseppellire continuamente il cadavere del fascismo, facendone una sorta di fantasma ideologico, il male assoluto della storia. Ma la retorica antifascista e la “chiusura” di ogni dialogo da parte delle forze moderate con le Destre ha finito per agevolare l’ascesa al potere dei comunisti gramsciani in Italia.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
Codice ISSN
online 2499-4308 | cartaceo 2037-1241
Direttore responsabile
Emanuele Boffi