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Zero morti a Londra. Zero scuse a Boris Johnson

Perfetto bersaglio per il mainstream, il premier britannico è stato preso di mira per un anno per le sue posizioni sul Covid. Ha avuto ragione lui. Ecco perché

Francesco Cavallo
30/03/2021 - 10:44
Esteri
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Boris Johnson

1. Proprio poco più di un anno fa il mondo si stracciava le vesti contro il governo britannico e il suo primo ministro, Boris Johnson. La miccia si innescò quando, al dilagare della pandemia, due consulenti scientifici dell’esecutivo inglese adombrarono la possibilità di raggiungere la cosiddetta “immunità di gregge”, gestendo la diffusione del contagio in modo da favorire lo svilupparsi autonomo degli anticorpi in buona parte della popolazione. Anche noi fummo allora costretti a denunciare come, in assenza di un vaccino, tanto avrebbe significato la deliberata esposizione della popolazione anziana e affetta da altre patologie alla conseguenze del virus ed a ricordare che la cultura occidentale si fonda piuttosto sulla Pietas di Enea, che fugge da Troia in mezzo alle fiamme con il vecchio padre Anchise sulle spalle.

Sarà stata la passione di Boris Johnson per le lettere classiche a incidere sull’azione di governo, fatto sta che in questi mesi Londra si è caricata sulle spalle i suoi padri e i suoi nonni e oggi, dopo 6 mesi, fa registrare zero morti per Covid. In Italia, invece, si fa a gara a passare sopra il corpo di Anchise per mettersi in salvo e si contano poco meno di 500 morti ogni giorno.

2. Qui non si fa riferimento tanto alla strategia del governo inglese che ha consentito, attraverso la più grande mobilitazione dai tempi della Seconda Guerra mondiale, di vaccinare circa il 55% della popolazione adulta, arrivando a inoculare fino a circa 900 mila dosi in 24 ore. Certamente la prenotazione tempestiva delle dosi, di ben tre mesi antecedente a quella dell’Unione Europea, il sostegno alle case farmaceutiche, e soprattutto la centralizzazione delle scelte e della catena di comando sono stati la chiave del successo britannico; e, al contrario, le ragioni delle lentezze europee. Quello che si vuole evidenziare è la scelta del governo britannico di non attribuire precedenza ad alcuna categoria specifica, facendo in modo che oggi ben il 95% degli over 65 abbia già ricevuto almeno una dose di vaccino, e quindi una quantità sempre minore di persone patiscano le conseguenze gravi dell’infezione.

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Da noi, invece, è tutta un’altra storia: ci siamo dimenticati che Enea abbia fondato Roma. Si segnala, da ultima in ordine di tempo, la nota dell’Anm, secondo cui i magistrati avrebbero rallentato o sospeso l’attività giudiziaria se tutti non fossero stati vaccinati (la reazione a questa presa di posizione ha poi costretto a una leggera correzione di tiro). Prima dell’ANM, interventi simili sono giunti da sindacati dei dipendenti di Banca d’Italia, dei giornalisti, degli avvocati, dei ricercatori e, a ruota, di ogni professione e organizzazione.

3. L’originario piano vaccinale italiano prevedeva una priorità a prescindere dall’età e dalle condizioni patologiche per “personale sanitario”, poi per “forze dell’ordine” e “personale scolastico”, e poi per “altro”. Così è accaduto che dentro la categoria “personale sanitario” siano stati ricompresi i dipendenti amministrativi e le figure apicali delle aziende sanitarie, i meri componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società che gestiscono strutture sanitarie o Rssa, gli iscritti al primo anno di medicina… Della categoria “forze armate e dell’ordine” da vaccinare sono entrati a far parte invece giovani vigili urbani e avieri con mansioni d’ufficio… Nella categoria “personale scolastico” sono rientrati, poi, non solo tutti i docenti universitari, che fanno lezione ed esami da remoto da un anno, ma anche i dottorandi di ricerca, non solo il corpo docente degli istituti e scuole di istruzione primaria e secondaria – che non si comprende perché mai poi debbano restare chiusi – ma anche il personale amministrativo, magari pure in smart working. Dentro la categoria “altro”, infine, taluno ha inserito i magistrati, talaltro gli avvocati, talaltro ancora i “caregiver” di genitori fragili, che magari vivono a centinaia di km di distanza dal padre e dalla madre.

In questa ressa, resa possibile dalla prima versione del piano vaccinale e dal mal governo dell’autonomia regionale, è accaduto che i vaccinati over 80 in Italia oggi sono ancora la metà e i vaccinati over 70 circa il 20%, eppure di tutti i decessi per Covid il 62% si sono registrati tra gli over 80 e ben l’86% tra gli over 70. In altre parole, se l’aritmetica ha un senso, questo significa che nella settimana tra il 15 e il 22 marzo 2021 dei 2.800 morti di Covid registrati in Italia ben 1.700 si sarebbero potuti salvare se solo tutti gli anziani avessero ricevuto almeno una dose di siero.

Per un anno Boris Johnson e il suo governo sono stati oggetto di critiche non solo per l’uscita infelice sull’immunità di gregge senza vaccini, ma anche per la ripetuta decisione di non ordinare la chiusura delle attività e mantenere misure di confinamento più permissive rispetto al resto dei paesi europei. Oggi, 30 marzo 2021, il Regno ha pressoché azzerato le morti per Covid-19 avendo messo al riparo dalle conseguenze dell’infezione proprio coloro ai quali esse fanno più male: i più anziani e i più fragili. Certamente la capigliatura naïf, le vicende sentimentali, ma soprattutto il suo endorsement nel 2016 per la cosiddetta Brexit e la sua appartenenza al partito conservatore ne fanno il bersaglio perfetto per il mainstream mondialista, ma a Johnson e al suo governo si dovrebbero oggi quantomeno delle scuse. Scuse che, però, si fa fatica a udire.

Fonte: Centro studi Livatino

Foto Ansa

Tags: boris johnsoncentro studi livatinoCovid-19
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