Costruire la pace qui per il mondo: spunti per un lavoro a partire dall’università

Di Clds – Obiettivo Studenti
26 Giugno 2025
Il comunicato della lista universitaria: «Avviamo percorsi di pace "dal basso" con borse di studio e progetti di visiting per studenti e docenti»
Un bambino palestinese nei pressi del campo profughi di Nusairat, Gaza, 24 giugno 2025 (foto Ansa)
Un bambino palestinese nei pressi del campo profughi di Nusairat, Gaza, 24 giugno 2025 (foto Ansa)

Negli ultimi mesi, alcune università italiane hanno manifestato l’esigenza di prendere posizione di fronte all’aggravarsi della guerra e della crisi umanitaria nella Striscia di Gaza. Come rappresentanti delle studentesse e degli studenti, vogliamo partire da un dato fondamentale: la realtà ci interpella tutti. Lo fa attraverso le immagini che quotidianamente arrivano da Gaza, le domande che ci pongono le nostre comunità studentesche, e il senso di responsabilità che sentiamo come parte dell’università.

È essenziale che gli atenei esercitino il proprio ruolo culturale, etico e politico, prendendo parola su ciò che nel presente richiama ognuno di noi. In questo senso, sono da accogliere con favore le iniziative promosse da alcune università – mozioni, momenti pubblici di confronto, atti formali – nella misura in cui esprimono una condanna chiara della violenza in atto e contribuiscono a mantenere alta l’attenzione pubblica su quanto sta accadendo.

Ci uniamo senza esitazione agli appelli di condanna dei bombardamenti indiscriminati sulla popolazione civile della Striscia di Gaza e del blocco sistematico degli aiuti umanitari da parte del governo israeliano. Non si tratta di una dinamica bellica inevitabile, ma di scelte deliberate, che colpiscono con continuità persone innocenti, privandole di beni essenziali come cibo, acqua e cure mediche.

Non c’è alcuna giustificazione per l’uso della fame come arma di guerra. Per questo motivo, serve un cessate il fuoco immediato, la fine delle violenze e delle gravi violazioni del diritto internazionale.

Tuttavia, non ci si può fermare alla sola condanna. Proprio di fronte a una tale drammaticità e devastazione, è necessario compiere un passo in più. Le università italiane sono chiamate a mettere in campo iniziative concrete per sostenere percorsi di pace “dal basso”: borse di studio dedicate a studentesse e studenti palestinesi, programmi di visiting per docenti e ricercatori, progetti di science diplomacy che favoriscano il dialogo tra atenei palestinesi, israeliani ed europei. La pace non è un grido, ma un respiro che si rinnova. Si edifica ogni giorno, pietra dopo pietra, incontro dopo incontro.

La sua costruzione è responsabilità di chi abita l’università: studentesse, studenti, docenti, personale tecnico e amministrativo. È nel riconoscimento dell’altro, nella dignità che ci accomuna, che la pace prende forma e diventa possibile.

Vanno valorizzati tutti gli sforzi positivi compiuti finora – come il bando Crui per l’accoglienza di studenti palestinesi, pur nelle sue problematiche come i ristretti requisiti di accesso – e riconosciuto il valore delle iniziative pubbliche di confronto e informazione, radicate nei territori, capaci di generare
consapevolezza e attivare strumenti di solidarietà reale.

Desideriamo che l’università sia uno spazio aperto, libero e critico, capace di costruire legami tra studenti e ricercatori oltre i confini e i conflitti. “Shalom” e “Salam” – pace, in ebraico e in arabo – condividono una radice comune. Indicano completezza, integrità. Anche la pace, per essere vera, richiede un approccio integrale, che coinvolga politica, economia, cultura, educazione.
La nostra posizione nasce da una doppia consapevolezza: la condanna della violenza e la responsabilità, come comunità universitaria, di contribuire attivamente alla costruzione della pace.

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