
La presentazione delle liste del Pd ci dice una cosa: Enrico Letta ha scelto di ripararsi a sinistra. I nomi da lui scelti per entrare in parlamento il giorno dopo il 25 settembre sono riferibili a quell’area di consenso. I temi da lui indicati – non ultimi quelli identitari sui diritti civili – servono a parlare a un certo elettorato, molto più vicino a Fratoianni che al cattolicesimo democratico.
La scelta del segretario Pd è dunque quella di evitare emorragie a sinistra (vecchia storia di cui ha scritto di recente sul Corriere Ernesto Galli della Loggia), recuperare i voti in uscita dal M5s, giocarsela poi in parlamento, sperando in una crisi.
L’asset del Quirinale
Carlo Calenda lo ha detto in maniera chiara: «Il prossimo governo non durerà più di sei mesi». Ergo la strategia del Terzo polo e del Pd è la stessa: ben sapendo che la partita è ormai persa, giocano allo sfascio nell’attesa che un qualsiasi patatrac (recessione, guerra, quel che volete voi) gli aiuti poi a legislatura iniziata a riprendersi il potere.
Non è un calcolo così sbagliato perché possono contare su un asset – il Quirinale – su cui Salvini-Meloni-Berlusconi, invece, non possono fare affidamento (adesso è più chiaro perché il non aver mandato Draghi sul Colle più alto è stato un clamoroso errore strategico per il centrodestra?).
Tentazione Terzo polo
Consiglio non richiesto ai leader di centrodestra: privilegino nelle candidature esponenti dell’area centrista o moderata in modo da non far “scappare” gli elettori verso il Terzo Polo. La tentazione, infatti, esiste, inutile nasconderselo.
Mara Carfagna e Mariastella Gelmini magari non trascineranno le folle, ma sono pur sempre un indizio che oggi certe battaglie care al mondo imprenditoriale del nord e meno ideologizzato del sud possono essere sostenuto da un nuovo soggetto politico.
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