
Conan the barbarian 3D, un remake che si poteva evitare
Fantasy assai rigido e convenzionale nella messinscena che c’entra con l’originale di John Milius solo per il titolo. Il film del 1982 diretto dal regista di Un mercoledì da leoni e sceneggiato da Oliver Stone è infatti un film ben diverso. Kitsch e baraccone soprattutto per le manie produttive di De Laurentiis, rappresenta la sintesi visiva e ideologica di due registi per molti versi lontani come Stone e Milius. Una celebrazione della potenza della volontà, ma anche dell’irrazionalità dell’umano e della Natura che traeva la sua forza anche dai limiti oggettivi (in primis l’esordiente rigidissimo Schwarzenegger) e che allora come oggi, ebbe un impatto fortissimo dal punto di vista visivo.
Nel rifacimento di Nispel la storia è appiattita e ridotta a una semplice vicenda di vendetta, con un ampio uso del sangue in senso spettacolare e un’inutile voce fuori campo ad aprire e chiudere il racconto. Non è un caso: il regista proviene dall’horror (sono suoi i rifacimenti moderni di Venerdì 13 e Non aprite quella porta) e cerca col sangue e con una certa cura dal punto di vista degli effetti di sopperire alla debolezza dell’attore protagonista, l’inespressivo Jason Momoa e alla pochezza psicologica di tutti i personaggi. I difetti di operazioni di questo tipo sono i soliti. Si abusa, come spesso avviene in questi casi, di computer grafica e non si approfondisce nulla. Nemmeno, quando si prova a distanziarsi palesemente dall’originale cinematografico, come nella sequenza alla Spartacus in cui Conan libera gli schiavi, si avverte la decisione di voler raccontare qualcosa di nuovo.
Poteva essere il nuovo Druids, il pessimo sandalone di inizio Millennio: invece non lo è, per i soldi impegnati e in parte anche per il cast con almeno tre caratteristi (la McGowan di Planet Terror, Lang di Avatar e l’immancabile Ron Perlman nei panni del padre di Conan) a bilanciare con il loro mestiere le cadute dell’anonimo protagonista. In definitiva, un mediocre peplum, a cui manca l’ironia che avrebbe potuto far scattare un minimo di simpatia per Momoa: ci si prende troppo maledettamente sul serio in una storia che senza toccare le punte di assurdità di Pathfinder, il lavoro finora peggiore di Nispel, fatica a regalare vere emozioni.
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