Benessere. Roberto Sambuco, direttore comunicazione e affari istituzionali di Wind, non ha dubbi, parlare della gestione etica di un’impresa significa innanzitutto parlare di benessere. «Benessere delle persone che lavorano nell’azienda, di quelle che quotidianamente hanno a che fare con quella azienda, di quelle che investono in una determinata azienda». Quelli che hanno praticità con certi argomenti direbbero, usando un inglesismo che recentemente va molto di moda, che il benessere di cui parla Sambuco altro non è che la Corporate Social Responsability (Csr). Un parolone che la commissione europea nel 2000, nel suo libro verde, ha declinato come »l’integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate». Csr, gestione etica, benessere, sviluppo sostenibile. Chiamatela come volete ma la questione è semplice, negli ultimi, si sta sempre di più facendo strada sui mercati internazionali un nuovo modo di fare business. Un modo più etico e corretto che non si limiti ad un semplice e formale rispetto della legge, ma vada oltre.
Va da sé che anche Wind proprio per le sue caratteristiche aziendali abbia deciso di fare propria questa sfida. Perché? «Paradossalmente è difficile risponderle – spiega Sambuco – perché è troppo semplice. La sfida è rendere le aziende più attente ai bisogni dei propri dipendenti e del mondo che le circonda. Csr è tutela ambientale, ma nel senso più ampio. Diciamo che la scelta è legata a due ragioni fondamentali. Da un lato il fatto che la Csr consente un posizionamento migliore dell’azienda verso i propri stakeholders ossia tutti coloro che vi hanno rapporti all’interno ed all’esterno. Un’azienda attenta è un’azienda in cui si investe volentieri. Senza contare che ci sono fondi mondiali che accettano solo aziende con una Corporate Social Responsability molto sviluppata. In secondo luogo lavorare sulla Csr apporta grandi benefici anche al benessere aziendale e ai processi organizzativi interni».
È stata dall’osservazione di questi fenomeni che Wind non ha voluto “annacquare” la Csr, ma ha dedicato ad essa una propria funzione specifica. «Un’azienda – continua Sambuco – è un luogo socialmente complesso da gestire ed è per questo che ci è sembrato giusto costituire una funzione Csr dedicata a definire e attuare la strategia e ad assicurarne la diffusione all’interno dell’azienda. Per gestire meglio questa complessità».
WIND PER TE
Il lavoro fatto in questi anni in Wind sul fronte della Csr, non è rimasto su carta, ma si è declinato in una serie di aspetti concreti. Innanzitutto nel Bilancio di Sostenibilità che è lo strumento attraverso cui l’azienda comunica lo stato dell’arte. Nel 2004, ad esempio, il 99 per cento dei rifiuti speciali di Wind è stato conferito a recupero ed è stato formalmente richiesto a tutti i fornitori di sottoscrivere una dichiarazione di adozione dei principi del Codice Etico. Inoltre l’azienda è intervenuta per implementare i servizi per favorire la mobilità del proprio personale. Senza contare il grosso investimento fatto sul fronte delle risorse umane con 13 mila ore di formazione dedicate ai temi della sostenibilità.
Tra le cose più interessanti il progetto “Wind per te”. «Al centro del progetto – spiega Sambuco – c’è la cura del benessere anche pratico delle persone che lavorano in Wind. Wind per te è iniziato con l’invio di un questionario per valutare il gradimento delle iniziative proposte e raccogliere contributi per orientare le scelte dell’azienda.
Gli ambiti in cui si è registrato il maggior interesse da parte dei dipendenti sono stati quelli riguardanti il benessere delle persone, i servizi di consulenza on line, l’espletamento di pratiche burocratiche e gli asili nido. Siamo partiti con dei progetti su questi temi.
Come vede il nostro modello di Csr è un modello dal basso, non imponiamo regole dall’alto: sono i dipendenti che contribuiscono a costruire la sostenibilità sociale dei comportamenti dell’azienda. Certi che su questo non dovremo mai smettere di crescere».
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Direttore responsabile
Emanuele Boffi