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Tutti i dubbi legittimi sull’origine del coronavirus (astenersi complottisti)

Dai pipistrelli al mercato del pesce, dai laboratori di Wuhan alle note diplomatiche Usa fino alla reticenza di Pechino. Indizi (non prove schiaccianti) su un possibile disastro umano

Leone Grotti
17/04/2020 - 4:00
Esteri
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Da dove viene e come è nato il Sars-Cov-2? Al momento nessun giornalista o scienziato serio può andare oltre l’adagio socratico: «So di non sapere». È possibile però, pur senza avere prove conclusive o la famosa pistola fumante, avanzare delle ipotesi alternative a quella da subito dichiarata come inoppugnabile dal governo cinese. E cioè che il virus, presente in origine in un pipistrello, è passato all’uomo direttamente oppure indirettamente attraverso un pangolino in vendita illegalmente al mercato del pesce Huanan di Wuhan.

IL PRIMO FOCOLAIO DELLA MALATTIA

Perché dubitare di questa versione? Uno dei motivi è uno studio pubblicato su Lancet a gennaio da parte di scienziati cinesi, secondo i quali il primo caso di coronavirus scoperto a Wuhan l’1 dicembre non aveva alcun collegamento con il mercato del pesce. Allo stesso modo, nel primo focolaio di 41 pazienti ammessi in ospedale per il coronavirus, un terzo (il 34%) non aveva collegamenti con il mercato del pesce. In quel mercato, inoltre, non si vendevano pipistrelli.

A soli 280 metri da quel mercato si trova la filiale di Wuhan del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie. A 12 chilometri si trova anche l’Istituto di virologia di Wuhan, il primo laboratorio cinese a raggiungere il più alto livello di sicurezza internazionale nel campo della bioricerca, il quarto (Bsl-4). Entrambi, secondo diversi articoli pubblicati dagli stessi istituti, studiavano i coronavirus dei pipistrelli allo scopo di prevenire lo scoppio di altre epidemie come la Sars, che nel 2003 fece 774 vittime.

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FILMATI E STUDI SOSPETTI

Richard Ebright, americano esperto di biosicurezza presso l’Istituto di microbiologia della Routger University, ha dichiarato al Washington Post che con ogni probabilità «la prima infezione umana è avvenuta come un incidente naturale», con il virus passato da un pipistrello a un uomo. Ma potrebbe anche «essere avvenuto un incidente di laboratorio, ad esempio un’infezione accidentale di un dipendente del laboratorio». A proposito, cita un video diffuso dallo stesso centro a dicembre «dove si poteva vedere lo staff che maneggiava i pipistrelli con protezioni inadeguate e procedure operative non sicure».

Inoltre due ricercatori della South China University of Technology di Guangzhou hanno scritto un articolo, ripubblicato da ResearchGate, nel quale affermavano che «è plausibile che il virus sia fuoriuscito accidentalmente da un laboratorio». Uno dei due autori, Botao Xiao, ha poi cancellato l’articolo perché, ha dichiarato al Wall Street Journal, «non era corroborato da prove dirette».

ARMA BIOLOGICA NO, MA INCIDENTE?

Se la teoria, diffusa ad esempio in un documentario dell’Epoch Times, secondo cui il virus potrebbe essere un’arma biologica creata in laboratorio è fantasiosa, dal momento che studi cinesi hanno dimostrato che il «2019-nCoV è identico al 96% a livello di genoma a un coronavirus presente nei pipistrelli» e che non presenta manipolazioni tali da far credere a una elaborazione umana, la teoria dell’incidente di laboratorio resta in piedi.

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Soprattutto dopo che il Washington Post pochi giorni fa ha rivelato che a partire dal gennaio 2018 funzionari dell’ambasciata americana a Pechino hanno visitato ripetutamente l’Istituto di virologia di Wuhan. Lo stesso laboratorio ha parlato in un comunicato dell’ultima di queste visite, avvenuta il 27 marzo 2018, anche se poi settimana scorsa ha cancellato il comunicato dal sito.

«NEL LABORATORIO NON SI OPERA IN SICUREZZA»

I funzionari americani sono rimasti così allarmati dalle visite da scrivere due note diplomatiche categorizzate come “sensibili ma non classificate” a Washington. Nella prima, oltre a dichiarare che il laboratorio lavora sui coronavirus dei pipistrelli, i funzionari affermano che la potenziale trasmissione umana di questi virus aumenta il rischio di una nuova pandemia simile alla Sars. «Durante le interazioni con gli scienziati del laboratorio di Wuhan, abbiamo notato che il nuovo laboratorio presenta una grave carenza di tecnici e investigatori addestrati in modo appropriato come richiesto per operare in massima sicurezza in un laboratorio ad alto contenimento», si legge nella nota del 19 gennaio 2018.

I funzionari americani hanno anche incontrato la ricercatrice Shi Zhengli, tra i massimi esperti al mondo di coronavirus dei pipistrelli, a capo del programma di ricerca nel laboratorio di Wuhan. Lei stessa scoprì nel 2017 che i pipistrelli trovati in una grotta dello Yunnan erano della stesse specie di quelli in cui si era originata la Sars, mostrando che «i coronavirus come la Sars possono interagire con la proteina Ace2, il recettore umano di membrana del coronavirus Sars». Shi ha negato pubblicamente più volte che il genoma del 2019-nCoV fosse lo stesso di quelli che stava studiando in laboratorio.

«NON È UNA TEORIA COSPIRAZIONISTA»

Come affermato all’inizio, al momento non si hanno prove schiaccianti sull’origine della pandemia. La stessa intelligence americana ha dichiarato al New York Times di avere indagato su questa possibilità ma di non avere trovato elementi decisivi. Come dichiarato da Xiao Qiang, ricercatore alla School of Information dell’Università della California, resta il fatto che «la nota diplomatica dei funzionari americani ci dice che da tempo c’era preoccupazione per la minaccia alla salute pubblica derivante dalle ricerche in quel laboratorio».

Ecco perché, continua, la teoria dell’incidente di laboratorio «non penso che si possa definire cospirazionista. È una domanda legittima che ha bisogno di una risposta dopo un’attenta indagine. Capire esattamente come il virus si è originato, infatti, potrebbe offrire informazioni fondamentali su come prevenire che avvenga di nuovo».

IL COMPORTAMENTO SOSPETTO DI PECHINO

Il comportamento del governo cinese ha poi rinfocolato i sospetti. L’esperta Shi Zhengli dell’Istituto di virologia di Wuhan ha dichiarato al giornalista del cinese Caixin, Gao Yu, di avere identificato il genoma del virus il 2 gennaio. Ma il direttore del centro, Wang Yanyi, ha proibito di diffondere informazioni sul virus, genoma compreso. Perché tanta segretezza? Inoltre, il laboratorio di Shanghai che ha per primo diffuso la sequenza genomica del virus l’11 gennaio è stato chiuso il giorno successivo dalle autorità. Di più, il 14 febbraio il presidente Xi Jinping ha invocato l’approvazione di una nuova legge sulla biosicurezza. E mercoledì, come riportato in esclusiva dalla Cnn, Pechino ha proibito che qualunque ricerca sull’origine del coronavirus venga pubblicata senza l’approvazione del Partito comunista. Perché?

Il motivo potrebbe essere molto concreto. Donald Trump ha dichiarato che gli Stati Uniti stanno indagando sull’origine del virus. Il Capo di Stato Maggiore statunitense, Mark Milley, ha affermato che per ora non sono state trovate prove. Ma se venisse accertato che il nuovo coronavirus non è, come dicono i complottisti, un’arma creata in laboratorio, bensì un virus trovato in un pipistrello di una caverna dello Yunnan, studiato in laboratorio e tragicamente fuoriuscito per errore o per incuria?

L’IPOTESI RISARCIMENTO MILIARDARIO

Allora agli Usa, e forse anche all’Unione Europea, potrebbe venire in mente di chiedere alla Cina un risarcimento. Secondo il Fondo monetario internazionale, la pandemia farà perdere al mondo il 3 per cento del Pil, circa tre trilioni di dollari, un quinto del Pil cinese. Il centro studi britannico Henry Jackson Society sta già studiando se è davvero possibile chiedere i danni a Pechino. L’origine del coronavirus potrebbe dunque essere molto più che un argomento per curiosi, complottisti e scienziati.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Tags: Coronavirus
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