Il nome del nostro 007

Di Emanuele Boffi
08 Aprile 2016
Le rivelazioni di Massimo Ciancimino erano finite sulla stampa, col nome dell'agente segreto scritto nero su bianco. Poi si è scoperto che era tutto falso
Massimo Ciancimino ascolta la deposizione del collaboratore di giustizia Paolo Bellini (non in foto), ex confidente vicino all'eversione nera, nell'aula bunker di Rebibbia, al processo sulla trattativa Stato-mafia, in trasferta per gli esami testimoniali, oltre che di Bellini, dei pentiti Gaspare Spatuzza e Fabio Tranchina, Roma, 11 marzo 2014. ANSA/ MASSIMO PERCOSSI

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Aveva detto che il “capitano” era andato a casa sua a Bologna nel 2009 a minacciarlo: «Sei una testa di cazzo, tu devi pensare a tua moglie e tuo figlio». Aveva detto che era alto un metro e 70. Aveva detto che aveva una giacca colore coloniale, pantaloni scuri e fazzoletto bianco nel taschino. Aveva detto che forse era lui l’autore della busta anonima che gli era stata recapitata con dentro cinque cartucce. Aveva detto che il “capitano” collaborava col “signor Franco”, uomo importante nella trattativa Stato-mafia.

Tutte queste rivelazioni di Massimo Ciancimino erano finite sulla stampa, in particolare su Repubblica, e di lì, a cascata, su altri quotidiani e sul web, con articoli così titolati: “Ha un nome il ‘capitano’ della trattativa Stato-mafia” e “Indagato lo 007 che minacciò Ciancimino. Il funzionario del Sisde gli avrebbe detto di tacere su Berlusconi e trattative”. Rosario Piraino, il nome dell’agente che operava sotto copertura, fu messo nero su bianco. Carriera rovinata, trasferimento, inevitabile congedo.

Trascorsi sei anni si è scoperto che: il giorno delle presunte minacce, lo 007 era a Palermo e non a Bologna; che nessuno, vestito alla maniera descritta da Ciancimino, era entrato in casa sua quel giorno; che l’agente è alto più di un metro e 90. Sei anni dopo, grazie agli avvocati Ferrara e Gruttad’Auria, Ciancimino è stato condannato a un risarcimento di 50 mila euro per calunnia. Aveva detto, non era vero e pagherà. Avevano scritto, non era vero, ma non pagheranno.

Foto Ansa

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1 commento

  1. Sebastiano

    “Avevano scritto, non era vero, ma non pagheranno”

    Beninteso: fra quelli che “avevano scritto”, non ci sono solo i giornalisti ma anche coloro che “avevano scritto” le sentenze. Ma è noto che questi ultimi non pagano MAI.
    Checché ne dica la volontà popolare, espressa in ben due referendum superstravinti alla grande e messi in un cantuccio per non disturbare i nuovi padroni, incessantemente prontissimi a lamentare la «grave lesione dell’autonomia costituzionale», soprattutto se gli toccano il portafoglio.

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