Ci vorrebbe una giornata della memoria sulle vittime della giustizia

Di Luigi Amicone
28 Gennaio 2017
Prima di diventare una colonia insignificante, ci conviene ascoltare Canzio (corbellerie di propaganda sulle adozioni gay a parte)
Il primo presidente della Corte Suprema di Cassazione Giovanni Canzio durante il suo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario presso la Corte di Cassazione, Roma, 26 gennaio 2017. ANSA/ANGELO CARCONI

L’equazione del mio amico avvocato con entrature in Mediobanca mi pare che non faccia una piega. «Come un individuo pieno di debiti ha una libertà molto condizionata e sarebbe disposto a tutto pur di cavarsi dagli impicci, così un paese che ha un debito del 140%, tendenza a crescere, non fa figli, lavorano in pochi, pensionati a gogò, non può neanche sognarsi di stare in piedi senza perdere sovranità, oppure senza diventare Stato canaglia».

LEZIONE TEDESCA. Siamo nei giorni della memoria. Bisognerebbe ricordarsi che il peggio della storia è venuto da uno Stato che tra le due guerre si è trovato indebitato oltre il collo e si è democraticamente consegnato al nazismo facendosi soggiogare dall’illusione che l’avvento del Terzo Reich avrebbe finalmente risolto il problema del default economico e sociale in cui versava la Germania, dopo che dalla prima grande guerra la Germania era uscita sconfitta e massacrata da sanzioni economiche “europee” criminali.

TIRATINA D’ORECCHIE. Qui in Italia stiamo sempre a divagare. Prima con l’antiberlusconismo, poi con le cantonate dell’anticorruzione. Adesso ce la prendiamo pure con “l’Apocalisse Trump”. Piuttosto che con il surgi dell’Anm. E a questo proposito, sarebbe una notizia che il capo del sindacato delle toghe “diserta” le celebrazioni per l’apertura dell’anno giudiziario e polemizza con il Primo Presidente di Cassazione, Giovanni Canzio? Il quale, tralasciando le stupidaggini di propaganda sulle adozioni gay, aprendo appunto l’anno giudiziario con una tiratina d’orecchie a quei pm (e giornali) che non sanno fare il loro mestiere e che procurano gravi danni alla Giustizia e al Paese, non ha detto soltanto come stanno le cose.
Le ha dette con tatto e intelligenza. Nel tono giusto ed empatico che si conviene a un alto magistrato che non prende distanza dalla propria categoria, sta molto attento a non ferire la suscettibilità dei colleghi e, soprattutto, non vuole mettersi ai livelli di quella minoranza di pubblici ministeri che «si credono dei padreterni», come ce li qualificò qui a Tempi l’ex capo procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore.

URGE INTERROGARSI. Insomma, il Primo Presidente della più Alta Corte ha denunciato nel modo giusto il disastro provocato da certi magistrati che interpretano la loro funzione con arroganza, approssimazione e mania di protagonismo, invece che con discrezione, equilibrio e ponderazione da funzionario servitore dello Stato e dei cittadini. Dunque? Dunque, invece di buttarla nella solita cronichetta da teatrino mediatico-giudiziario di giornata, perché non ci si interroga seriamente sulle parole di Canzio? Dopotutto basterebbe mettere in campo un po’ di sobria memoria per discutere seriamente. Tant’è.

MEMORIA GIUSTIZIALISTA. Nei giorni della memoria, per esempio farebbe bene ricordare che una decina d’anni fa bastò un pubblico ministero, tale Luigi De Magistris, a far saltare per aria un governo (Prodi) e a far parlare i giornali, le televisioni, il New York Times, dell’apertura di una stagione di indagini che avrebbe dovuto scoperchiare «il quadro – disse il tale pm – di una Tangentopoli peggiore di quella di Milano». A distanza di dieci anni quel tale pm ha fatto carriera politica, è sindaco “rivoluzionario” di Napoli, mentre ancora in questi giorni si susseguono sentenze di Cassazione che fanno a pezzi e sanzionano l’operato del sindaco rivoluzionario al tempo in cui indossava la toga di magistrato e pubblico ministero.
E parimenti presenziava in tv e nei giornali come il Cavaliere Bianco della magistratura libera e indipendente, venuta a liberare il sud dal sacco dei nuovi Borboni e specialmente di una misteriosissima e potentissima Spectre che avrebbe avuto in capo tale Tonino Saladino di Lamezie Terme (su quella meravigliosa storia, pensate, ci si era buttato perfino il quotidiano rosa di Confindustria, il quale insegnandoci affidabilità di notizia e competenza economica è giunto ai nostri giorni con un buco finanziario di 250 milioni di euro, con tendenza a salire).

ANCORA BERLUSCONI? Tanto per dirne un’altra, canzianamente, per non andare troppo in là con la memoria e stare ai sobri avvisi di garanzia di giornata: in un paese da 140% di debito pubblico e di bravi liceali che affettano i genitori con l’ascia, la migliore e più efficiente procura italiana rimane concentrata a correre appresso a Berlusconi e alle sue signorine, detta con gran pompa dei giornali, «Inchiesta olgettine quater». Intanto, ci arriva all’orecchio ciò che questo giornale aveva subodorato fin dai primi sequestri giudiziari che hanno prima tramortito e poi determinato il fallimento pratico dell’acciaieria (italiana) che fu la maggiore (d’Europa). Ecco, dalle parti del nuovo management Ilva filtra la nuova che qualcuno avrebbe giurato ai tarantini che con il casino intorno ai bambini vittime dell’inquinamento, Taranto avrebbe un bel giorno incassato in combinato disposto – dai Riva proprietario dell’Ilva e dallo Stato proprietario delle tasse dei contribuenti – qualcosa come 500mila euri di “risarcimento danni” pro capite.

RIDICOLO GIUDIZIARIO. Vogliamo dirne un’altra che annoda il debito italiano sesquipedale all’anomalìa sesquipedale dell’unica magistratura europea che conserva i tratti dell’apparato monarchico assolutista? Ok, diciamolo con La Stampa, sesquipedale esempio di notizia priva di senso del ridicolo. Ecco, secondo il quotidiano torinese sarebbe una cosa seria il fatto che un numero primo di Trump tenda, diciamo così, a farsene una ragione se un pm di Tempio Pausania lo insegue per processarlo e magari mandarlo in schiavettoni al carcere di Macomer. «Rilascia interviste alle più importanti televisioni del mondo e firma comunicati stampa, quindi non è certo un latitante. Eppure, Tom Barrack è attualmente l’uomo più ricercato dalla Procura della Repubblica di Tempio Pausania». Già.

«L’AMICO DI TRUMP». «Mentre lui organizzava la cerimonia di giuramento di Donald Trump, la polizia giudiziaria italiana tentava inutilmente di recapitargli un avviso di concluse indagini». Perbacco. «Il magnate texano, amico intimo del neo presidente americano, è l’ex proprietario della Costa Smeralda e proprio per la cessione del paradiso turistico sardo è indagato insieme ad altre 34 persone nell’inchiesta su evasione fiscale, corruzione e abusi edilizi. Da qualche mese il procuratore Domenico Fiordalisi ha concluso tutti gli accertamenti ma per fissare l’udienza preliminare sarebbe necessario recapitare a tutti gli indagati l’avviso di conclusione indagini». Incredibile. «Ma contattare Barrack sembra un’operazione impossibile. Gli atti tornano sempre indietro: sia quelli spediti agli indirizzi personali individuati dalla polizia giudiziaria, sia quelli inviati alle tante società che ruotano attorno alla Colony Capital». Insomma? «Insomma, l’amico di Trump per i magistrati sardi è nella lista delle persone irreperibili».

CONVIENE ASCOLTARE CANZIO. Ecco, nei giorni della memoria, ricordiamoci che il pur moderatissimo Canzio dice il minimo che si possa dire della giustizia italiana. Mentre il circuito mediatico-giudiziario continua a essere un po’ ridolini. Ma vi immaginate le multinazionali e la finanza internazionale scappare da Londra per venire a piantare le loro sedi qui in Italia, come ora crede di volere il Parlamento italiano votando una risoluzione che impegna il governo a portare a Milano la finanza in fuga dalla Brexit? Dal 95’ a oggi il Pil italiano è cresciuto complessivamente dell’1,8 per cento. La media europea è stata del 25. La Germania è cresciuta complessivamente del 40. L’impressione è che se non saranno ascoltate e assecondate le preoccupazioni del Primo Presidente di Cassazione invece che le proteste del capo dell’Anm, ci terremo il 140 per cento di debito pubblico. Tendenza a crescere. E così continueremo a rimanere un Paese a sovranità sottoschiaffo. Tendenza a finire in colonia irrimediabilmente fottuta. E magari pure mazziata da un fuhrer de noantri.

@AmiconeLuigi

Foto Ansa

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