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Chi è Mujica, il “presidente povero” che sta mettendo sottosopra l’Uruguay: aborto, droga e nozze gay

Amato dai media per le sue abitudini all'insegna della sobrietà, il presidente sta trasformando il suo Paese in una palestra di diritti liberal

Emmanuele Michela
12/12/2013 - 3:00
Esteri
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L’antiproibizionismo di Pepe Mujica (qui a fianco, in una foto del 2010 con Chavez) ha vinto l’altro giorno, quando il Senato di Montevideo ha approvato in via definitiva una norma che concede all’Uruguay la possibilità di produrre e vendere marijuana, sebbene la maggioranza della popolazione fosse contraria a questa legge di cui si discute ormai da qualche mese.
Il piccolo Stato schiacciato tra Argentina e Brasile è sui giornali di tutto il mondo, dove la svolta liberalizzatrice non è passata inosservata. Il premier di sinistra giura di non aver intrapreso questa strada per trasformare la sua nazione nel «paese del fumo libero, piuttosto «per riuscire a strappare un mercato importante ai trafficanti di droga», là dove le linee rigide e proibitive di altri Stati hanno sempre fallito. Largo, quindi, ad un istituto che regolamenterà la cannabis, con licenze per i privati che vorranno coltivarla, la libertà di costituire associazioni di consumatori e la vendita tramite farmacie autorizzate, dove potranno essere serviti solo clienti maggiorenni, per non più di 40 grammi mensili pro capite.

«IL PRESIDENTE POVERO». E la scelta in tema di droghe di Mujica è soltanto l’ultima di un presidente che guida l’Uruguay dal 2010, e che da allora ha incarnato un populismo radicale “di bassa intensità”, andando a caccia di soprannomi tra le testate straniere: c’è chi, come la londinese “Monacle”, lo ha definito «il miglior presidente del mondo», mentre per Le Monde è «il presidente più povero del mondo», enfatizzando sulla linea austera con cui ha inaugurato la sua leadership, scegliendo di rimanere a vivere in una fattoria alla periferia di Montevideo anche dopo l’elezione, recependo solo un decimo dello stipendio che gli spetta.

14 ANNI DI CARCERE. Poche settimane fa, anche Repubblica gli ha dedicato un reportage, indicandolo come emblema di sobrietà e rettitudine: anti-consumista e ateo, esaltato dai poveri e odiato dai ricchi, vive in 50 metri quadrati, e non si stanca mai di offrire il buon esempio, come quando dopo un concerto nella capitale gli Aerosmith gli hanno regalato una chitarra autografata e lui l’ha messa subito all’asta, offrendo il ricavato alla costruzione di case popolari. Al Frente Amplio, il partito con cui regge la maggioranza del Governo, ci è arrivato solo negli ultimi 20 anni, dopo essere stato da ragazzino ciclista professionista, per poi aderire al movimento dei Tupamaros. Negli anni Settanta si fece 14 anni di carcere rischiando la vita come “ostaggio” nelle mani del governo, sotto costante minaccia di uccisione se i suoi compagni guerriglieri avessero fatto altre azioni armate.

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ABORTO E MATRIMONI GAY. Con lui l’Uruguay è diventato un campo di allenamento di diritti civili e scelte liberal, di cui la liberalizzazione della marijuana è l’ultima e la più clamorosa. Prima, aveva depenalizzato l’aborto, rendendolo libero fino alla 12esima settimana, poi era stato il primo Paese del Sudamerica ad approvare il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Tags: Abortodrogagaygovernoliberalmarijuanamontevideomujicauruguay
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