Chi difende la tradizione cristiana è destinato a beccarsi qualche minaccia di morte. Come Phillips
A seguire la vicenda di Adrian Smith è stato solo il Daily Mail. «Quando al signor Smith è stato detto che il suo salario sarebbe stato ridotto del 40 per cento è rimasto scioccato. Soprattutto perché la punizione è stata impartita sulla base dell’uguaglianza. Gli amici dicono che il padre dei due bimbi è distrutto e angosciato». Il giornale ha riportato la difesa dell’uomo, sanzionato per aver scritto sulla sua pagina privata di facebook che per la Chiesa il matrimonio è quello naturale tra uomo e donna. L’articolo fa notare il paradosso di una legge che in nome dell’uguaglianza e della non discriminazione penalizza la libertà di pensiero.
Sempre sulle colonne del Daily Mail era uscito il 24 gennaio dell’anno scorso un editoriale dell’intellettuale laica Melanie Phillips, che raccontava del paradosso dei bambini «bombardati dai riferimenti sugli omosessuali in ogni materia scolastica (…) come parte del programma educativo del governo». Secondo la donna il programma era frutto del tentativo continuo «della lobby dei diritti dei gay di distruggere il concetto di orientamento sessuale naturale», sottolineando che quello che «un tempo era vietato è stato poi tollerato, per diventare obbligatorio». Non solo, per la Smith la tradizione cristiana dell’Occidente è diventata «socialmente insostenibile, facendo apparire le persone che la difendono come dei criminali».
Nell’articolo si passano in rassegna alcuni casi inglesi. Come quello delle agenzie di adozione cristiane che hanno dovuto chiudere per essersi rifiutate di affidare bambini a coppie gay. O come quello dei dipendenti pubblici licenziati per non aver sposato persone dello stesso sesso. C’è poi il caso di Peter e Hazelmary Bull, due albergatori accusati di non aver concesso ospitalità a una coppia di omosessuali. La Phillips ha poi commentato: «Penalizzare le persone per il loro credo religioso e perché agiscono in conformità ad esso non è tolleranza. È piuttosto un’azione comunemente associata alle dittature totalitarie». Esattamente due settimane dopo la giornalista è stata minacciata di morte.
La Phillips ha quindi ribattuto. Evidenziando come il pericolo sia davvero reale. Per mesi la donna è stata assediata dalla stampa e dai media. E insultata via email e nei social network con frasi come queste: «l’omofobia è peggio della droga»; «qualcuno uccida Melanie Phillips per favore»; «spero che la tua casa bruci»; «ucciditi brutta…e buttati nel Tamigi». Nemmeno la sua vicenda, però, ha avuto molto risonanza.
Twitter: @frigeriobenedet
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