Catalogna, quesito sull’indipendenza: il 42,9% voterebbe sì

Di Rodolfo Casadei
30 Giugno 2011
Il 42,9 per cento degli abitanti della Catalogna voterebbe a favore dell'indipendenza della regione spagnola. La domanda è stata posta in un sondaggio d'opinione ufficiale. Poco più del 20 per cento mette in risalto la questione identitaria, mentre il 36,4 per cento giustifica il voto con la capacità e il desiderio di autogestione economica della Catalogna

Era la prima volta che la domanda veniva posta in un sondaggio d’opinione ufficiale, e questo ha creato un certo clima di attesa. Il 42,9 per cento degli abitanti della Catalogna voterebbe a favore dell’indipendenza della regione dalla Spagna, se fosse chiamato a esprimersi in un referendum su questa materia: è quanto risulta dal Baròmetre d’Opinió 2a onada 2011, promosso dalla Generalitat de Catalunya.

Da quando i nazionalisti catalani di centro del CiU sono tornati a governare la regione (novembre 2010), il sondaggio delle opinioni politiche effettuato dall’ente demoscopico ufficiale, il Ceo, è diventato semestrale, e su richiesta dell’Erc, il partito indipendentista di sinistra, è stata introdotta la domanda sul referendum per l’indipendenza. Il dato che ne è risultato è assai significativo, soprattutto se confrontato con quello dei Paesi Baschi: lì l’ufficiale Euskobarometro indica in un 28 per cento la percentuale di residenti favorevoli alla piena indipendenza della loro regione (indagine del novembre 2010).

Il dato catalano però non è veramente univoco: posti di fronte a una domanda diretta sul futuro della Catalogna da scegliere fra un elenco di opzioni che comprendevano il regime di autonomia presente, la Catalogna stato di una Spagna federale e un’ipotesi centralista, solo il 25,5 per cento degli intervistati ha sposato l’indipendenza, mentre una maggioranza relativa (33 per cento) ha preferito l’opzione federalista.

Il forte differenziale fra il dato della forma istituzionale ideale e quello del referendum sull’indipendenza prende senso quando si analizzano le motivazioni del voto dei favorevoli alla secessione: solo poco più del 20 per cento mette in risalto la questione identitaria, mentre il 36,4 per cento giustifica il voto con la capacità e il desiderio di autogestione economica della Catalogna, il 13,8 per cento con il sentimento di incomprensione di cui ritiene di essere oggetto da parte del governo centrale.

Ai socialisti catalani, che con le elezioni del novembre scorso hanno perso sia il governo della Catalogna che l’amministrazione di Barcellona, il sondaggio non è piaciuto per nulla, e hanno criticato il governatore di estrazione CiU Artur Mas per aver asservito il Ceo agli interessi politici dell’esecutivo. Sotto l’amministrazione a guida socialista il Ceo dipendeva dall’assessorato all’economia della Generalitat, ora invece rientra negli enti al servizio della presidenza.

Mas in realtà non fa nulla per nascondere l’organicità dell’istituto di ricerche alle politiche condotte dal suo governo: «Il paese si orienta sempre più sulla linea che consiste nella volontà di esercitare il diritto a decidere del suo futuro», ha commentato presentando i risultati dell’inchiesta, disponibili esclusivamente in lingua catalana. «Si manifesta un consenso molto vasto, sul quale farà leva a breve termine il nostro governo, sull’opportunità di avere piena autonomia finanziaria».

Il CiU ha governato la Catalogna ininterrottamente dal 1980 al 2003 sotto la presidenza del suo leader carismatico Jordi Pujol, per poi essere tenuto fuori dall’esecutivo dopo le elezioni del 2003 e del 2006, alle quali il partito si era presentato privo del suo leader storico. Sotto la guida di Artur Mas CiU si era confermato primo partito della Catalogna, ma con un numero di seggi che non gli aveva permesso di mantenere la guida del governo, passato nelle mani di una coalizione tripartita fra socialisti, Erc e Verdi-Sinistra alternativa. Al terzo tentativo di seguito Mas ha agguantato la vittoria col 38,5 per cento dei voti: il miglior risultato di CiU negli ultimi quindici anni.

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