Caso Cancellieri. Dopo la fiducia è guerra nel Pd

Di Chiara Rizzo
21 Novembre 2013
Matteo Renzi attacca: «Con me segretario avremmo detto sì alla sfiducia». Civati risponde al sindaco di Firenze «Affermazione azzardata, i suoi deputati sono già 200»

All’indomani del voto di fiducia al ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, il Pd si risveglia spaccato. È soprattutto il sindaco di Firenze Matteo Renzi a guidare la carica contro la linea pro-fiducia del duo Epifani-Letta. Ieri durante la trasmissione la Gabbia su La 7 il candidato alle primarie ha dichiarato che «con me segretario avremmo detto sì alla sfiducia». Poi ha ribadito che «il vecchio Pd l’ha difesa, il nuovo non lo farà».

SOLCO PROFONDO. Negli ultimi giorni prima del voto, il sindaco di Firenze aveva scritto un lungo messaggio inviato con la sua e-news in cui criticava l’operato di Cancellieri dichiarando che «è un problema politico, non giudiziario» e chiedendo le dimissioni anticipate del ministro. La sera di martedì 19 novembre questa posizione era stata mantenuta anche dall’altro candidato alla segreteria, Pippo Civati, deputato Pd. Civati, dopo lo scontro andato avanti per ore tra i gruppi parlamentari Pd che si erano riuniti con il segretario Epifani (all’incontro è intervenendo anche il premier Enrico Letta, chiedendo la fiducia al suo ministro della Giustizia), ha scritto ieri un messaggio sul suo blog molto polemico con il suo stesso partito, in cui, alla vigilia del voto in Aula, ha ribadito: «Il Pd si merita un altro gruppo dirigente. Persone che non facciano gli stronzi con le minoranze quando sanno di essere maggioranza».

LA REPLICA A RENZI. Mentre una fetta della base del Pd ha protestato, soprattutto sui social network, per la decisione di votare contro la mozione di sfiducia presentata dal Movimento cinque stelle, la posizione di ieri di Renzi non è piaciuta nemmeno a Civati, che gli ha replicato con un lungo messaggio-bacchettata. «È un tantino azzardato dire che, se ci fosse Renzi, il gruppo Pd non salverebbe la Cancellieri – ha esordito Civati –. Primo, perché lui c’è, e i deputati che hanno sottoscritto la sua candidatura sono duecento, anche se forse sul caso in questione erano meno compatti di quanto Renzi stesso prevedesse. Secondo, perché questo diverso avviso potrebbe continuare a manifestarsi anche dopo il congresso. Non ce li vedo i renziani-franceschiniani a mettere in difficoltà il premier Enrico Letta, né ovviamente i lettiani per Renzi mettersi contro Letta. Ieri abbiamo perso un’occasione colossale per far emergere l’autonomia del Pd. E questo vale per chiunque vincerà il congresso del Pd. Siamo arrivati non a una tregua ma a un momento di tensione tra di noi, il Pd è andato ad un testa coda che gli elettori non hanno capito. Se la cancellieri avesse fatto un passo indietro al governo non sarebbe successo nulla. La sfiducia è una mozione individuale e il partito dovrebbe avere una propria autonomia». Ieri, la base si è sfogata soprattutto tramite twitter, dove con l’hashtag #Cancellierivergogna in molti hanno confidato il loro sdegno. Oggi Civati ha cercato di cavalcare l’onda e di interloquire con questa fetta della base, a sua volta, sempre tramite twitter, con l’hashtag #insultacivati: «Per tutti gli elettori delusi dal savataggio del Guardasigilli imposto da Letta al Pd».

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