Caso Berchet. Cosa succede con la valutazione “trasversale” a scuola? «Si perde conoscenza docente-studente»

Di Redazione
13 Marzo 2013
Ermanno Paccagnini mette in guardia sull'idea dell'istituto milanese di far correggere i compiti da insegnanti non della classe di appartenenza: «Non è con la rotazione che si risolve il problema dell'equità».

Ampio risalto ha avuto la notizia che al liceo Berchet di Milano (leggi l’intervista di tempi.it a Paola Mastrocola) verrà adottata la correzione dei compiti in classe in maniera “trasversale” tra docenti di classe diverse, per cercare di garantire più equilibrio ed equità. Una decisione che ha fatto molto discutere, e che ha riscosso oggi, sulle colonne del Corriere della Sera, il giudizio negativo di Ermanno Paccagnini, editorialista del giornale di via Solferino e docente di Letteratura Italiana all’Università Cattolica di Milano. «Alla fine si ricade sempre sul problema di fondo: la reale preparazione e il costante aggiornamento (non solo tecnico) dei docenti in questo settore quanto mai basilare. E che in tale quadro ci si muova sempre schizzofrenicamente, lo ha appena ricordato il Rapporto Lombardia sulle forti differenze a livello valutativo tra Nord e Sud, esemplandolo nelle abissali disuguaglianze tra Lombardia e Calabria».

Per Paccagnini l’assenza di uniformità di giudizio è una costante di cui non c’è da meravigliarsi, coinvolgendo carattere, psicologia e preparazione di ciascun docente; «non è con la rotazione e la correzione trasversale che si risolve un problema non certamente di quel particolare istituto», «anche perché sono molti i fattori che entrano in gioco in una valutazione, non ultima la conoscenza del ragazzo da parte del docente, che può agire nel premio o nella censura, in base a un percorso educativo e formativo personalizzato, che chi viene “da fuori” non possiede».

La soluzione non sta quindi nella rotazione, bensì su in un confronto sul concetto di valutazione e sull’effettivo ruolo che può avere un processo formativo. «Senza poi dimenticare non solo che il concetto stesso di errore è relativo; ma anche che ogni traduzione in numero “secco” di un “giudizio”, si tratti di voti per un compito o un’interrogazione, o di palline per un libro o un film, è e sarà sempre qualcosa che necessariamente porta in sé qualcosa di impreciso e imperfetto».

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