Caro carburanti. Quanto pesano davvero le accise e i rincari dei gestori

Di Amedeo Lascaris
13 Gennaio 2023
Meloni annuncia che in caso di aumento del prezzo del greggio, le maggiori entrate dell'Iva saranno usate per sterilizzare le accise. Che incidono molto più sul prezzo finale dei rincari dei gestori
Continua il dibattito tra governo e gestori su rincari e accise per il caro carburanti

Continua il dibattito tra governo e gestori su rincari e accise per il caro carburanti

Con la fine della “spinta propulsiva” degli sconti governativi all’Iva e il taglio delle accise applicate dal governo di Mario Draghi, l’Italia si trova nuovamente a fare i conti con il caro carburanti e con tutte le conseguenze che ne derivano per l’incidenza sui costi di aziende e famiglie. Il dibattito di questi giorni è andato nella direzione di uno scontro tra governo e gestori della rete dei carburanti, comparto caratterizzato da problemi strutturali frutto di decenni di politiche inadeguate a partire dalla liberalizzazione delle licenze.

Quanto pesano le accise sul caro carburanti

Semplificare un problema ormai cronico per l’Italia, ovvero avere i prezzi dei carburanti tra i più cari d’Europa e accise a limite del grottesco, non è utile a comprendere le posizioni sia del nuovo esecutivo, che si trova davanti ad anni di politiche errate, sia degli operatori del settore additati come principali responsabili dei rincari.

In base agli ultimi dati (9 gennaio) diffusi dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, il prezzo medio settimanale della benzina si attesta a 1,812 euro/litro, dove la componente fiscale (accise più Iva) è pari a 1,055 euro/litro (58,2%) mentre quella industriale 0,757 euro/litro (materia prima 0,548 e margine lordo 0,209). Prezzo di poco superiore per il gasolio per auto con 1,868 euro/litro, dove la componente accise+Iva pesa per 0,954 euro/litro (51,1%) a fronte di un prezzo industriale di 0,913 euro/litro (materia prima 0,767 e margine lordo 0,147).

Quanto spendono Francia, Germania e Spagna

L’aumento è consistente se si paragonano i dati dell’ultima settimana di dicembre quando ancora erano in vigore le disposizioni del governo Draghi: benzina 1,644 euro/litro di cui accise-Iva pari a 0,874 euro/litro e prezzo industriale di 0,769 euro/litro; gasolio per auto 1,707 euro/litro di cui componente accise+Iva di 0,775 euro/litro a fronte di un prezzo industriale di 0,923 euro/litro. In Europa i prezzi non sono molto diversi dall’Italia, almeno per le maggiori economie: 1,90 euro/litro in Francia; 1,82 in Germania; 1,74 in Austria; 1,68 in Spagna.

I prezzi hanno superato i 2 euro/litro al servito e raggiunto anche i 2,5 (sempre sul servito) nelle stazioni in autostrada a causa dei maggiori costi di gestione. Scorporando ulteriormente il prezzo finale occorre notare che le quotazioni internazionali e il cambio euro/dollaro influiscono solamente sul prezzo della materia prima, che nel caso dei prezzi medi della scorsa settimana incide solamente per il 30% sul totale. L’operatore agisce quindi solo sul margine lordo, pari nel caso specifico al 12% del prezzo finale.

Taglio alle accise se aumentano gli incassi Iva

Dallo scorporo del dato emerge dunque che le accise incidono sul prezzo finale molto di più di eventuali rincari effettuati dai gestori, la cui variazione, anche “viziata”, incide in modo relativamente limitato rispetto alla variazione della componente fiscale. In questi giorni vi sono stati frequenti botta e risposta tra le associazioni dei gestori – Faib, Fegica e Figisc/Anisa – e governo sulla responsabilità dei rincari, ricordando che ciò favorisce i «trafficanti di illegalità che operano in evasione fiscale e contributiva e che sottraggono all’Erario oltre 13 miliardi di euro all’anno».

In reazione i gestori hanno proclamato a inizio settimana uno sciopero per il 25 e il 26 gennaio per protestare contro quella che definiscono una “campagna mediatica vergognosa” nei loro confronti, ma in seguito hanno fatto un passo indietro dopo che il Consiglio dei ministri ha deciso di ridurre accise in caso di un aumento delle entrate Iva. L’esecutivo guidato da Giorgia Meloni tenta di correre ai ripari, ma con poche risorse a disposizione in vista di un 2023 che si prospetta complicato sul fronte economico. Dopo aver rinnovato per fino al termine del 2023 i buoni benzina per un valore massimo di 200 euro per lavoratore dipendente, il governo ha introdotto un nuovo regime di trasparenza per la vendita dei carburanti attraverso l’individuazione di un prezzo medio nazionale da esporre ai distributori, definendo un impianto sanzionatorio per i trasgressori. Per quanto riguarda le accise, il governo ha aperto alla possibilità che vengano ridotte nel caso che il prezzo del greggio salga, e di conseguenza gli incassi derivati dall’Iva, che verrebbero utilizzati per «sterilizzare» le accise.

Troppe stazioni di servizio in Italia

Sul fronte carburanti l’Italia detiene un secondo record rispetto alle accise mediamente più alte rispetto alla media europea: quello del numero esorbitante di stazioni di servizio. Il loro numero reale è difficile da accertare considerato che dopo le liberalizzazioni delle licenze del 2012 molte pompe, anche se ufficialmente chiuse, continuano ad erogare benzina o gasolio frutto di traffici illeciti. Tuttavia, le elaborazioni più recenti (ottobre 2021) dell’Anagrafe dei carburanti vedono in Italia la presenza di ben 22.654 stazioni di servizio (22.149 stradali e 5050 autostradali) a fronte di un parco auto di 39,78 milioni di veicoli.

Per fare un paragone in Germania, secondo paese per numero di distributori, vi sono approssimativamente 14.500 stazioni di servizio a fronte di un parco circolante di 48,5 milioni di veicoli (dati 2022), mentre in Francia sono solamente 11.000.

Foto Ansa

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