“Cardinale” tibetano: «Il Dalai Lama a Milano, come il Papa, lascerà un seme virtuoso» [link url=https://www.tempi.it/videogallery/la-religione-tibetana-rischia-di-scomparire-per-loppressione-cinese#axzz1wnqzY1Lx]Video[/link]

Di Leone Grotti
05 Giugno 2012
Il venerabile Lama Khenrab Rinpoche accoglie tempi.it in casa sua, all'Istituto Ghe Pel Ling, e parla del valore della famiglia, del Papa e dell'arrivo del Dalai Lama.

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«Senza la famiglia non esiste la società e se oggi la visione tradizionale di famiglia non va più di moda è perché i tempi degenerano. L’uomo è più intelligente, ha più conoscenze ma non le sa usare». A parlare così a tempi.it è il venerabile Lama Khenrab Rinpoche, “cardinale” tibetano, guida spirituale dell’istituto Ghe Pel Ling che ha organizzato la visita del Dalai Lama a Milano, che avverrà il 27 e 28 giugno prossimi. «La visita del Dalai Lama a Milano, proprio come quella del Papa, è un’opportunità per tutti, tibetani e italiani, e lascerà un seme virtuoso che ognuno potrà coltivare nella propria vita».  Khenrab Rinpoche è nato in India, «non appena i miei genitori sono arrivati sul suolo indiano dopo essere scappati dalla repressione del regime cinese in Tibet» ed è stato riconosciuto «lama reincarnato» a quattro anni. Ha ricevuto l’insegnamento buddista dal Dalai Lama, «con cui ho un forte legame spirituale», ed è stato inviato dal suo maestro Thamtog Rinpoche a Milano, dove ci ha accolto in casa sua nei suoi tradizionali abiti da monaco arancioni e rossi. Con tempi.it parla (clicca qui per guardare l’intervista integrale) della visita del Dalai Lama a Milano, del rapporto tra buddismo tibetano e cattolicesimo, del ruolo della famiglia ma anche delle auto-immolazioni che martoriano il suo paese e della difficile situazione del Tibet, «dove ho grande nostalgia di tornare, anche se ora il regime cinese mi arresterebbe».

Cosa significa per i tibetani l’arrivo del Dalai Lama a Milano?
La visita di Sua Santità il Dalai Lama sicuramente sarà una grande occasione per tutti i tibetani in Italia di instaurare o ristabilire la forte relazione a livello spirituale, la fede e la devozione verso il Dalai Lama. Vista poi la pessima situazione del Tibet oggi, la sua visita sarà importante anche per la conservazione e diffusione della cultura tibetana.

Per lei che importanza ha la visita del Dalai Lama?
Per me è un’occasione di rinnovare e rafforzare la mia devozione e fede verso Sua Santità, perché quando ero piccolo ho preso i voti da monaco dal Dalai Lama e ho una relazione spirituale molto intensa con lui.

Perché ha deciso di prendere i voti?
Sono stato riconosciuto Lama reincarnato quando avevo 4 anni e mezzo e poi ho preso i voti da monaco. Sono un lama e quindi ho proseguito questa via.

Il buddismo tibetano è lontano dalla tradizione italiana. Come può la visita del Dalai Lama essere importante per tutti i milanesi?
Per noi è importante la condotta virtuosa dell’individuo e l’abbandono di dieci azioni non virtuose. Si può dire che principalmente noi cerchiamo di fare del bene agli altri, e questo è comune anche tra le diverse religioni. Anche per il cattolicesimo è importante: l’arrivo del Dalai Lama quindi sarà motivo di ispirazione e incoraggiamento per tutti. Lascerà un seme virtuoso da coltivare nella vita, anche quella dei milanesi.

Una settimana fa il Papa ha parlato di rapporti più scontrosi, di società più fredda e indurita. Perché uno dovrebbe beneficiare gli altri?
Oggi la società sta passando un periodo negativo, penso all’Italia, ai disastri e ai terremoti, e questo è il momento migliore per ricevere la visita del Papa, prima, e del Dalai Lama poi perché tante persone sono in cerca di una soluzione. Le difficoltà possono essere superate attraverso l’aiuto materiale e spirituale. Il Papa e il Dalai Lama danno il loro contributo dal punto di vista spirituale. E la gente, vivendo sulla propria pelle grandi difficoltà e sofferenze, sarà più sensibile verso gli altri. Oltretutto aiutare gli altri in modo altruistico conviene. La sopravvivenza dipende dalla collaborazione tra le persone, e quando gli altri sono in difficoltà anche noi viviamo male. Le esperienze di felicità e sofferenza sono interdipendenti. Se noi aiutiamo gli altri con sincera motivazione altruistica, questo riflette un ritorno positivo su di sé. Fare in modo che gli altri vivano bene, fa vivere meglio se stessi.

Che rapporto c’è tra Buddismo tibetano e Chiesa cattolica?
C’è un rapporto stretto. Le attività che entrambe le religioni organizzano e che derivano dai diversi insegnamenti sono simili e consistono nell’aiuto del prossimo. Curare gli ammalati o, come fanno i missionari, fondare scuole per educare i bambini. Questo è importantissimo per costruire una buona società. I cattolici fanno concretamente azioni che beneficiano gli altri. Anche il Buddismo tibetano come base cerca di motivare le persone ad aiutare gli altri. Praticare le virtù e una buona moralità, poi, è un obiettivo di entrambe le religioni.

Il Buddismo tibetano come vede la figura di Gesù?
Gesù, come dico spesso anche quando insegno, è un essere molto avanzato a livello spirituale. Noi lo chiamiamo Bodhisattva. È un essere straordinario che ha raggiunto un alto livello di realizzazione spirituale.

Che valore ha per il Buddismo tibetano la famiglia, celebrata da Benedetto XVI nei giorni scorsi?
La famiglia è molto importante, perché la società è formata dalla famiglia  composta da padre, madre e figli. Perché la società sia giusta ed equilibrata, il rapporto tra i diversi componenti della famiglia deve essere giusto ed equilibrato. Altrimenti la società non può stare bene. Il rapporto deve essere armonioso, i genitori devono amare i figli e loro devono rispettare i genitori. Se vogliamo aiutare la società, prima dobbiamo vivere bene in famiglia e aiutare la famiglia. C’è un detto tibetano che dice: «Se c’è una disgrazia all’interno non si possono realizzare benefici all’esterno».

Questa visione di famiglia e società non è più scontata. La famiglia come unione di uomo e donna non va più tanto di moda.
Questo processo è inevitabile, perché quando i tempi degenerano anche la società degenera, e con essa i comportamenti e i sistemi. Fa parte del cambiamento. La popolazione dei tempi moderni è molto colta e intelligente, ma spesso l’intelligenza e la conoscenza vengono utilizzate male e diventano inutili.

Che cosa pensa delle auto immolazioni che martoriano il popolo tibetano?
Darsi fuoco e così suicidarsi è un gesto grave e molto negativo. Nel caso dei tibetani però bisogna capire perché vengono compiuti questi gesti. Se le persone si danno fuoco per scopi positivi, allora la loro azione non è del tutto negativa. I tibetani infatti vivono ancora sotto la repressione della Cina, dove manca la libertà di parola e di pensiero. Soffrono una pesante oppressione e per questo è difficile che siano felici, che abbiano una vita normale. Auto immolarsi è un gesto disperato e può essere anche un modo per attirare l’attenzione della comunità internazionale, che mostra poco interessamento per la loro situazione. Auto immolarsi può essere un modo per rendere evidente la sofferenza del popolo tibetano sotto la repressione della Cina.

Esiste una possibile soluzione nei rapporti tra Cina e Tibet?
Sì, la linea proposta dal Dalai Lama è quella della via di mezzo: l’autonomia. Conviene sia alla Cina che al Tibet. Ma il regime mantiene una posizione estremamente rigida e sapere anche solo che cosa succede dentro il sistema Cina è difficile. Le notizie non riescono a raggiungere l’estero. Questa chiusura potrà resistere ancora per un po’ di tempo ma prima o poi il paese dovrà aprirsi al mondo. E quando si saprà tutto, le cose potranno cambiare.

Il Dalai Lama ha 76 anni e la seconda carica spirituale del Tibet, il Panchen Lama, che deve riconoscere il prossimo Dalai Lama, è in prigione, sostituito da un fantoccio cinese. Tra qualche anno il buddismo tibetano potrebbe ritrovarsi senza le due maggiori cariche spirituali. Teme per la scomparsa della cultura tibetana?
Siamo preoccupati ma anche fiduciosi. Loro sono due figure di grande ispirazione per la gente e la loro mancanza sarebbe molto grave. Ma il buddismo non dipende da due persone. Loro rappresentano figure estremamente importanti  ma il loro insegnamento se continua a suscitare interessamento e viene praticato dalla gente, continuerà a vivere anche senza Dalai Lama e Panchen Lama. Il buddismo è diffuso nel mondo e non sparirà. Anche il popolo tibetano rimarrà, non può sparire e finché rimarranno loro, rimarrà la cultura, di cui l’insegnamento buddista è una parte fondamentale.

Non ha nostalgia di visitare il Tibet?
Moltissima. Io sono nato in India ma i miei genitori erano tibetani. Quando sono fuggiti dall’occupazione cinese mia madre era già incinta. Vorrei moltissimo tornare in Tibet, anche perché io sono stato riconosciuto Lama reincarnato della mia vita precedente e la mia vita precedente è stato un lama molto importante nel suo villaggio per tutta la popolazione. Tuttora tanta gente mi chiede di tornare, gli anziani che stanno morendo vorrebbero rivedermi. Ogni anno mi chiedono di fargli visita, ma ora non ci sono le condizioni.

Corre il rischio di essere arrestato?
Sì. Tempo fa l’autorità cinese mi ha detto: “Se vuoi venire in Tibet, vieni pure. Ma non possiamo garantire la tua incolumità e sicurezza”. Questo mi fa intendere qualcosa…

@LeoneGrotti

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