Buone notizie: il tormentone è scientificamente provato

Di Elisabetta Longo
19 Dicembre 2011
Come fa una canzone a trasformarsi in un tormentone? A questa domanda hanno risposto alcuni ricercatori dell'università di Bristol che, dopo attenti studi, sono riusciti a individuare le caratteristiche sonore, e non solo, che trasformano un anonimo singolo nel pezzo più suonato dell'estate

Guardare un canale musicale, entrare in un negozio, girare tra le stazioni radiofoniche: qualsiasi cosa tu faccia ti imbatterai sempre nella stessa canzone. Il temuto odiato “tormentone”, definizione la cui nascita si perde nella notte dei tempi. Chissà, magari a suo tempo anche Bach fu l’autore di qualche tormentone. Ai giorni nostri, però, le canzoni più suonate si ascoltano sempre nel periodo estivo, cominciano a funestarci l’udito a maggio, in modo più o meno timido, e durano fino a ottobre, quando degli ombrelloni sulle spiagge non c’è più traccia. Quest’anno a torturare i bagnanti ci ha pensato Danza Kuduro (sì, se il tormentone comprende un balletto assesta meglio i suoi colpi) assieme a Mr Saxobeat, mentre ancora risuonava nelle nostre orecchie Waka Waka di Shakira (sì, se ci sono i mondiali o gli europei, state pur certi che la canzone “inno” sarà la più suonata).

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C’è chi su questo problema musicale si è messo a fare dei coraggiosi studi. Il team di Tijl de Bie, dell’università di Bristol, ha messo a punto un software in grado di individuare quali sono le variabili che portano un brano a diventare un tormentone. Studiando le classifiche della Top 40 inglese degli ultimi 50 anni e incrociando i signoli pezzi più ascoltati si è scoperto che sono ben ventitrè i fattori in grado di trasformare una canzone in un pezzo cannibale. Tra questi, il tempo, la durata del brano, il bilanciamento dei suoni acuti e dei bassi, il livello di semplicità armonica, la presenza o meno di passaggi poco melodici.

I ricercatori hanno anche notato alcuni trend che si ripropongono negli anni. Per esempio, prima degli anni 80 la componente “ballerina” della canzone non era fondamentale, lo diventò solo nei primi anni 90 (sentite anche voi il tremendo verso “Dale a tu cuerpo alegria Macarena“?). Negli anni 70, invece, le canzoni erano sostanzialmente immuni a questo virus letale (a causa del troppo impegno politico della musica, forse) mentre dagli anni 90 in poi si è sempre di più prediletto il 4/4: un tempo musicale semplice, basilare, di facile appiglio uditivo. Tutto giusto, certo, ma non bisogna dimenticare le inevitabili eccezioni. Qualcuno ha chiesto ai ricercatori di Bristol quali complicati software hanno a disposizione per spiegare il fenomeno Lady Gaga?

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