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Brasile. Lo Stato sotto accusa

Cosa succede in Brasile, dove è sotto accusa «il modo di governare di Lula e Rousseff negli ultimi 15 anni. Come Chávez, distruggono la democrazia con gli strumenti propri della democrazia»

Leone Grotti
20/03/2016 - 3:00
Esteri
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Dopo settimane di indecisione, la presidentessa del Brasile Dilma Rousseff ha concesso un posto da ministro nel governo a Lula, per evitare che venga processato. Ma un giudice federale ha emesso una sentenza provvisoria che sospende la nomina. Il governo ha presentato ricorso.

L’articolo che segue, scritto prima di questi ultimi sviluppi, è pubblicato nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti).

Impeachment. Domenica scorsa tre milioni di persone sono scese in piazza in oltre 150 città brasiliane per chiedere a gran voce le dimissioni della presidentessa Dilma Rousseff, rieletta nel 2014 per il Partito dei lavoratori (Pt), che governa il paese ininterrottamente dal 2002. Quella che sta investendo il Brasile è una «tempesta perfetta»: da un lato è in atto la più grande recessione economica degli ultimi 25 anni, dall’altro è entrata nel vivo l’operazione Lava Jato (Autolavaggio), che ha scatenato la manifestazione record e che indaga un gigantesco scandalo di corruzione che coinvolge il Pt, un vasto gruppo di imprenditori e la compagnia energetica di bandiera Petrobras. Secondo le accuse, il partito di sinistra al governo avrebbe intascato in tangenti 2 miliardi e mezzo di euro. Nello scandalo è indagato anche Luiz Inácio da Silva, soprannominato Lula, uno dei politici più influenti al mondo, leader del Pt, presidente del paese per due mandati dal 2002 al 2010 e mentore di Rousseff. Di Lula, quasi un eroe nazionale, i pubblici ministeri hanno chiesto l’arresto cautelare la scorsa settimana.

L’inchiesta che sta sconvolgendo il quadro politico del paese ha una miriade di implicazioni ma non bisogna farsi distrarre dai dettagli o dai proventi illeciti che le tangenti hanno fruttato ai singoli politici. Il cuore dello scandalo, infatti, è costituito dal «tentativo del Pt di egemonizzare il potere e di stabilirsi come partito unico sul modello delle nuove sinistre autoritarie come in Venezuela, dove Chávez ha distrutto la democrazia usando gli strumenti propri della democrazia». La disamina è di Reinaldo Azevedo, uno dei giornalisti politici più importanti del Brasile, scrittore di cinque libri (tre best-seller), autore di uno dei 10 blog più seguiti del paese, firma del settimanale Veja e del quotidiano Folha de São Paulo e conduttore del programma radio leader di ascolti Os Pingos Nos Is.

Azevedo, perché la manifestazione ha attratto così tante persone?
Perché l’operazione Lava Jato non è un semplice scandalo di tangenti, ma rivela l’essenza del modo in cui il Pt ha governato per 15 anni, cercando di fare dello Stato uno strumento per il rafforzamento del partito. Il cuore del problema non sono le tante persone che senza dubbio si sono arricchite a livello personale, ma il trasferimento di risorse pubbliche nelle casse del partito.

Come funzionava lo scambio di favori tra imprenditori, Petrobras e Pt?
Petrobras è una società a maggioranza pubblica e il governo nomina la sua direzione amministrativa e operativa. Petrobras può assegnare alle imprese le opere infrastrutturali e quelle di costruzione delle raffinerie in due modi: con gara di appalto pubblica o, eccezionalmente, su invito. In entrambi i casi, veniva chiesta all’impresa per conto dei partiti una tangente per una cifra pari all’1-3 per cento del valore del contratto. Per dividersi le opere e il pagamento delle tangenti, le imprese si sono riunite in grandi gruppi, come Oas o Utc. Altri partiti sono coinvolti nello scandalo, ma è il Pt la mente e il principale beneficiario.

Come venivano pagate le tangenti?
In due modi: o clandestinamente su conti correnti esteri e in contanti in Brasile, o nella forma di contributi alle campagne elettorali del Pt. In apparenza erano donazioni, in realtà tangenti delle quali il Pt teneva addirittura una contabilità parallela e che usava per vincere tutte le consultazioni popolari.

Le prove a sostegno di queste accuse sono robuste?
Sì. Ricardo Pessoa, uno degli imprenditori del gruppo Utc, afferma che l’attuale ministro delle Comunicazioni sociali, Edinho Silva, braccio destro di Rousseff e tesoriere della sua campagna elettorale, lo ricattò chiedendo il pagamento di 10 milioni di reais (2,5 milioni di euro) sotto forma di donazioni legali. Lui ha pagato 7,5 milioni ed è stato arrestato prima di poter saldare il conto.

I sostenitori del Pt parlano di accanimento giudiziario.
Che sciocchezza. Il Pt è il partito più influente negli ambienti giudiziari. Secondo me, al contrario, il partito viene protetto. Hanno investigato Lula solo per infrazioni leggere, ma le accuse potrebbero essere molto più pesanti.

In tanti però sono preoccupati dai metodi al limite della legalità usati dai pubblici ministeri e dal giudice Sergio Moro, che ha avviato le indagini nel 2014.
Anch’io. Si è abusato ad esempio degli arresti preventivi. Non sempre è stato rispettato l’articolo 312 del Codice di procedura penale, che disciplina l’utilizzo di questo strumento. Bisogna porre un freno a queste esagerazioni. Vorrei essere chiaro: io credo che Lula e Rousseff vadano arrestati dopo un regolare processo. Dalle prove emerse finora, sono convinto che siano colpevoli di crimini gravi. Però bisogna aspettare la fine del processo. Il giudice Moro, ad esempio, poteva evitare qualche giorno fa di condurre Lula in modo coercitivo in questura per una deposizione.

È vero che hanno messo in mezzo Lula solo perché progetta di candidarsi per la terza volta alla guida del paese nel 2018?
Questa è una stupidaggine messa in giro dal Pt. Lula è stato colto in fallo in due casi piccoli, se si considera l’immensità delle cifre in gioco. Due imprese edili investigate nell’operazione Lava Jato hanno pagato una tangente a Lula costruendogli una casa di villeggiatura e un appartamento. Ma c’è di peggio: l’ex presidente in quattro anni ha fatturato 27 milioni di reais (6,5 milioni di euro circa). Di questi, almeno 18 sono tangenti. Ma qui parliamo di benefici personali, perché i guadagni del partito sono invece stratosferici e Lula, secondo i pentiti, sapeva tutto.

Recessione economica e scandalo politico sono collegati?
No. Il Brasile governato prima da Lula e poi da Rousseff ha approfittato della supervalorizzazione dei suoi prodotti agricoli e minerari per creare un modello economico fortemente ancorato al consumo. Convinto che il ciclo del denaro facile sarebbe durato per sempre, non ha fatto nessuna delle riforme necessarie a rendere la crescita duratura. Per 10 anni, fino al 2012, la spesa pubblica è aumentata in percentuale molto più delle entrate. L’erario pubblico è stato utilizzato come un pozzo senza fondo. Quando la valutazione delle materie prime è tornata a crescere a un ritmo inferiore, anche a causa della crisi cinese, la bolla è scoppiata.

Quali sono i numeri della crisi?
Il modello economico petista è riuscito a fare il “miracolo” di unire a una recessione vicina al -4 per cento, un’inflazione annuale sopra il 10 per cento con i tassi di interesse più alti al mondo, 14,25 per cento, senza considerare la povertà che dilaga e la disoccupazione galoppante. Ci vuole molta incompetenza e molto amore all’errore per arrivare a una simile tempesta perfetta.

E questo disastro non ha niente a che vedere con le tangenti?
No. Lo scorso anno il Pil è calato del 3,8 per cento. Senza Lava Jato, forse sarebbe diminuito del 3,6 per cento.

Il Pt come ha gestito il potere negli ultimi 15 anni?
Il partito di Lula ha trasformato lo Stato brasiliano in una proprietà del partito. L’amministrazione federale dispone di circa 25 mila incarichi di fiducia di libera nomina senza concorso pubblico. Questo è assurdo. Poi ci sono migliaia di posti nelle aziende statali e nelle fondazioni pubbliche. Così si raggiunge la cifra favolosa di 100.313 incarichi (dati relativi al 2015), cioè il 16 per cento dei 618.466 funzionari pubblici. Queste persone sono state scelte tra i militanti del partito. Sa questo cosa significa?

Che cosa?
Che una volta al potere, il Pt non si occupa degli interessi dei brasiliani, ma degli iscritti al partito. Il Pt ha assaltato la macchina pubblica con i suoi militanti e intascava dai privati una tassa in cambio del permesso di fare affari con il settore pubblico e le aziende statali. Il partito è diventato una specie di mafia.

E nessuno si è mai accorto di questo sistema?
Se il sistema ha retto è per l’altra faccia della medaglia: una politica assistenzialista aggressiva che ha reso milioni di poveri prigionieri di pochi benefici, che per chi non ha niente sono pur sempre qualcosa. Voi in Italia dovreste conoscere bene questa strategia di egemonizzazione del potere, perché è quella descritta da Antonio Gramsci ne Il Moderno principe.

Lei ha scritto che le tangenti servivano al Pt per governare «in eterno», seguendo la strada tracciata da Chavez in Venezuela. In che modo?
Oltre a quanto già detto, il partito ha pianificato da tempo alcune riforme per garantirsi il potere. Con i miliardi intascati, invece, miravano a conquistare le elezioni. Quest’anno sono previste le comunali: le donazioni di imprese a candidati e partiti sono state vietate dalla Corte suprema, mentre rimangono quelle dei privati. Questa mossa è stata molto stupida perché oltre a favorire le donazioni illegali, avvantaggia il Pt: loro hanno già le casse piene e non avranno difficoltà a finanziarsi. Volevano diventare una sinistra autoritaria sul modello di Chavez, ma si sono fregati con le loro stesse mani.

Quali sono le responsabilità di Rousseff nello scandalo?
Lei è stata nel Consiglio di amministrazione di Petrobras. Sono certo che sia impossibile che non sapesse nulla, ma questa non è un’argomentazione che si può usare in tribunale.

Crede che per evitare l’arresto di Lula Rousseff gli fornirà un posto nel suo esecutivo, come tanti le chiedono?
La legge tutela parlamentari e ministri, impedendo che siano processati e giudicati da tribunali di primo grado. Questo non significa che possono sfuggire alla giustizia, ma che possono essere processati solo dalla Corte suprema federale. Se Lula diventa ministro, non può essere arrestato dal giudice Sergio Moro, ma può sempre essere processato. Quindi per lui non sarebbe una grande garanzia, anche se guadagnerebbe tempo. Per me la richiesta di dargli un posto ministeriale però è dettata da altro. Ora il governo è instabile: obbedisce ciecamente a Lula, ma non a Rousseff. Di fatto, è un governo già morto e bisogna solo formalizzarne la fine. La nomina di Lula non farebbe che accelerare il crollo perché renderebbe chiaro a tutti che Rousseff è solo un fantoccio. Quest’ipotesi è così assurda che dubito si verificherà. Ma siccome il Pt ha perso la testa, potrebbe fare qualsiasi pazzia.

Lava Jato non è il primo scandalo che tocca la politica brasiliana e il Pt. Perché crede che questa volta sarà diverso?
Tre milioni di persone in piazza sono una reazione salutare per la democrazia e pessima per il Pt. Già nel 2005 c’era stato uno scandalo simile, è vero, ma allora Lula se l’era cavata perché l’economia cresceva a ritmi elevati. Ora il Brasile sta attraversando la più lunga recessione della sua storia. Difficile convincere i cittadini che il partito pratica il furto virtuoso.

La piazza ha chiesto l’impeachment. Lo otterrà?
Oggi no. Per votarlo servono i due terzi della Camera e i due terzi del Senato, cioè 342 deputati e 54 senatori. Questi numeri attualmente non ci sono, ma forse si potranno raggiungere.

Cosa succederà allora?
L’operazione Lava Jato non arriverà a smascherare il progetto egemonico del Pt. Però comincerà a smantellare il sistema. Rousseff prima o poi cadrà e il Pt verrà sconfitto in modo clamoroso alle prossime presidenziali del 2018. E queste sono senza dubbio due ottime notizie.
Traduzione a cura di Taciana Innocente

@LeoneGrotti

Foto manifestazione Ansa/Ap
Foto Ansa

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