Bradford, la città inglese dove non si parla inglese
Da ottobre, nel Regno Unito, sarà più complicato per gli stranieri ricevere il visto di ricongiungimento. Non basterà più riunirsi a un familiare residente in Inghilterra: anche la conoscenza dell’inglese sarà un fattore importante per la concessione del documento. Dal prossimo autunno, quindi, per i richiedenti sarà obbligatorio frequentare corsi che permetteranno – in due anni e mezzo – di raggiungere un livello linguistico pari a quello dei bambini che escono dal ciclo primario di studio. A metà percorso, poi, gli stranieri saranno testati e in caso di “bocciatura” le probabilità di ottenere la residenza si ridurranno.
«DONNE ISOLATE». È questa la proposta del capo del governo David Cameron, che ha spiegato: «Se non sai parlare inglese non puoi integrarti, hai difficoltà a comprendere qual è la tua vera identità e sei perciò vulnerabile ai messaggi che arrivano dallo Stato Islamico». Un’affermazione che ha aperto molte discussioni, ma il premier britannico non vuole sentire parlare di discriminazione: l’obiettivo è quello di «costruire un paese più coeso» e di fare valere «i nostri valori liberali». Il discorso riguarda soprattutto quel 22 per cento di donne musulmane che oggi vivono in Inghilterra ma, non conoscendo la lingua del posto, sono «vittime del controllo maschile» esercitato in forza di una cultura «che non è la nostra. L’ignoranza dell’inglese contribuisce all’isolamento della donna musulmana», ha dichiarato ancora Cameron alla Bbc.
IL REPORTAGE DEL GUARDIAN. Per capire le radici di questa scelta, il Guardian ha inviato il suo giornalista George Arnett a Bradford nel nord dell’Inghilterra, città passata alle cronache internazionali per il caso di Nissar Hussain, inglese di origini pakistane convertito al cristianesimo e per questo motivo da quindici anni insultato, minacciato, picchiato, perseguitato, quasi ucciso da un gruppo di musulmani. Bradford conta quasi mezzo milione di abitanti, i musulmani costituiscono più del 25 per cento della popolazione e la maggior parte è di origini pakistane. Non a caso la città è stata ribattezzata Bradfordistan.
[pubblicita_articolo]URDU DAPPERTUTTO. Il reportage è breve ma le situazioni descritte fanno capire bene la situazione. Entrato nel primo negozio, Arnett ascolta il dialogo tra una cliente e la commessa. Nessuna parola in inglese, tutto in urdu, la lingua nazionale del Pakistan. Presentatosi, il giornalista si fa raccontare la storia della lavoratrice: si chiama Shamsa Kanwal, ha trent’anni, da nove anni vive a Bradford dove era giunta per ricongiungersi con il marito che dopo poco l’ha abbandonata. Rimasta sola, ha cominciato a lavorare per poter sopravvivere e il tempo di studiare l’inglese non l’ha mai avuto. Per fortuna «qui posso lavorare parlando solo nella mia lingua». Il viaggio del Guardian continua alla scoperta di una città composta da numerosi stranieri, non solo musulmani: «Sono molte altre le comunità che vivono nelle loro “bolle”: c’è un caffè polacco, una gastronomia ceca, un market con prodotti provenienti da Ucraina, Romania e Ungheria».
«OSTACOLO ALL’INTEGRAZIONE». Ma il problema principale sembra essere legato alla comunità islamica: nel cuore della città il 22 per cento delle donne musulmane non parla bene l’inglese, spesso non lo parla affatto. La deputata laburista di origine pakistana Naz Shah ha affermato che nella sua circoscrizione l’ignoranza della lingua inglese è «un enorme ostacolo all’integrazione» e quasi sempre è dovuto al fatto che «gli uomini non gradiscono che le donne escano di casa o che abbiano una vita sociale». «L’integrazione ha fatto passi indietro», ha detto Shah, che per farsi capire racconta questo aneddoto: «Quando i miei genitori sono arrivati in Inghilterra, mia madre ha dovuto imparare le nozioni base dell’inglese per poter vivere. Oggi, per le terze e quarte generazioni di musulmani è perfettamente possibile vivere una intera vita senza mai parlare l’inglese perché possono trovare tutti i negozi che servono dove si parla urdu».
«SIAMO IN UN PAESE LIBERO». All’interno di un salone di parrucchieri, Arnett registra la testimonianza di Shiraz, 32 anni: «Mia madre non parlava inglese quando eravamo piccoli, ma abbiamo imparato la lingua guardando la serie Il principe di Bel Air. Oggi ci sono centinaia di canali tv che permettono ai piccoli di guardare i programmi in lingua pakistana». Tuttavia, Shiraz trova le dichiarazioni di Cameron troppo “estreme” e non è la sola. Non tutti a Bradford credono che per vivere in Inghilterra sia necessario parlare inglese. Noreen Hussain, 34 anni, ha dichiarato: «Quando voi bianchi andate in Pakistan, siete forse obbligati a parlare urdu? Ognuno ha il diritto di parlare la lingua che vuole. Siamo in un paese libero».
Foto Ansa/Ap
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4 commenti
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dite a cameron di integrarsi,quell’abbigliamento occidentale è poco adatto al regno islamico di britishtan
Fili’, quello è l’abbigliamento delle grandi occasioni, a casa sua penso che vesta già la djellaba, così si porta avanti con il lavoro…
hai ragione Sebastia’, il buon cameron a casa usa la palandrana e i sandali alla Aladino,è l’abbigliamento che fa per lui ! ah ah ah
Basta guardare la foto: c’è Cameron e una corte di signore variamente abbigliate, ma chi potrebbe dire che la foto è stata scattata in Uk? Chi potrebbe pensare che quell’uomo sia il capo del governo del Paese in cui la foto è stata scattata e non un ospite, un turista, un funzionario in visita diplomatica in un Paese straniero?
E’ questo che vogliono i nostri ‘statisti’, politici, maitre-à-penser laici e gerarchia ecclesiastica?
Sarebbe profondamente cristiano suicidarsi in maniera politicamente corretta?
Sarebbe nobilmente umana e umanitaria questa eutansia demografica in nome del Pensiero Unico?
Sarebbe altamente europeo scomparire per fare posto a tutti quelli che arrivano dal’Asia e dall’Africa?
I nostri capi politici esigono che accettiamo come”un’opportunità” e le nostre guide spirituali impongono che accogliamo come una benedizione la fine dei popoli europei?
Avrei voglia di dirgli altro, ma mi limiterò a dirgli, a urlare a tutti loro solo questo: NO!