Si fa sempre più insidiosa la partita sulle banche popolari. A sorpresa lunedì 23 gennaio è stato notificato alla Banca Popolare di Milano un atto di citazione con il quale 63 soci hanno chiesto l’annullamento della delibera assembleare del 15 ottobre 2016 che ha sancito la trasformazione della banca in società per azione. L’atto è firmato dagli avvocati Gaetano Sardo e Fausto Capelli.
UN VOTO UN SOCIO. L’azione giudiziaria non mette necessariamente in discussione la fusione tra Popolare di Milano e il Banco popolare o la loro trasformazione in società per azioni. Viene però contestata la modalità utilizzata per procedere alla trasformazione della Bpm in spa, che ha comportato la soppressione del voto capitario basato sul principio di un voto un socio. Come ha riconosciuto il Consiglio di Stato, infatti, la trasformazione poteva essere realizzata senza sopprimere il capitario che è alla base del rapporto di fiducia tra le popolari e il territorio in cui operano. E proprio su questo punto si basa uno dei capisaldi del ricorso dei soci della Bpm: non sarebbero stati tempestivamente e adeguatamente informati, né prima né durante l’assemblea, sull’orientamento del Consiglio di Stato su una questione così importante.
PALLA AI GIUDICI. Il ricorso alla Bpm è stato notificato l’ultimo giorno utile previsto dalla legge (l’annullamento poteva essere richiesto entro 90 giorni dalla delibera di trasformazione) e adesso toccherà ai giudici del Tribunale di Milano pronunciarsi (l’udienza è prevista per metà maggio), a meno che non arrivi prima una soluzione di tipo politico. Secondo l’avvocato Capelli, uno dei giuristi che sono ricorsi al Consiglio di Stato ottenendo la parziale sospensione dell’attuazione della riforma, c’è stato un vero sopruso ai danni di centinaia di migliaia di soci che da anni erano legati alle banche popolari.
SERVE UNA NUOVA VISIONE. Ora questioni analoghe potrebbero porsi anche per altre realtà come Veneto Banca e Banca popolare di Vicenza e va anche ricordato che sulla trasformazione non si sono ancora espresse la Popolare di Sondrio e la Popolare di Bari, che avrebbero un orientamento opposto. «Come si può pensare di rilanciare le banche e l’economia della Lombardia, del Veneto o di altre Regioni se centinaia di migliaia di soci, tra i quali molti imprenditori ed operatori, sono costretti a voltare le spalle alle loro banche di origine?», si domanda Capelli. Forse, è giunto il momento di una nuova visione e di un progetto di rilancio.
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