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«I Boko Haram ci frustavano ogni giorno. Volevano convertirci all’islam»

Oltre 200 mila persone sono fuggiti dal nord del Camerun per scappare dai jihadisti. «Cinque dei miei figli non sono riusciti a scappare. Solo Dio sa se sono vivi»

Leone Grotti
20/09/2016 - 16:57
Esteri
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«Quando Boko Haram ha trucidato nove persone davanti ai miei occhi ho deciso di abbandonare il mio villaggio». Rachel Daviguidam, 30 anni, madre di sette figli, ricorda ancora il giorno in cui i terroristi islamici hanno invaso nel settembre scorso il suo villaggio, Golvadi, che si trova nella regione dell’Estremo nord del Camerun.

200 MILA IN FUGA. L’area al confine della Nigeria è una delle più colpite da Boko Haram, che dal 2009 ha massacrato oltre 20 mila persone. Da un anno, Rachel insieme al marito e ai figli vive a Koza, piccola città circondata dalle montagne a 100 chilometri dal capoluogo della regione, Maroua. Altre 200 mila persone, solo nella regione dell’Estremo nord, sono dovute scappare per lo stesso motivo e molte si sono rifugiate a Koza.

«VITA INTOLLERABILE». Qui ogni famiglia riceve dalla Croce rossa un pacco con 50 chilo di riso, 25 di farina, 25 di piselli, 10 litri di olio e un chilo di sale. Altrimenti morirebbero tutti di fame. «Scappando dal villaggio, si sono lasciati alle spalle sia le case che i campi, unico loro mezzo di sostentamento», spiega un volontario, Ibrahim Dit Falke, al giornale nigeriano Vanguard. Ma vivere in un campo per sfollati è sempre meglio che subire gli attentati di Boko Haram. «La vita era diventata intollerabile a Golvadi», parla Rachel mentre culla l’ultimo figlio di tre mesi.

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«VOLEVANO CONVERTIRCI ALL’ISLAM». Prima di settembre, «per tre mesi di fila i terroristi sono entrati in casa mia per frustare me e i miei figli». Il motivo è semplice: «Siamo i cristiani, ma loro ci chiamavano “pagani” e insistevano che ci convertissimo all’islam. Ma noi ci siamo sempre rifiutati». In principio, i jihadisti «perseguitavano solo i cristiani. Ma presto hanno cominciato a colpire tutti, anche i musulmani».

PERDERE I FIGLI. Di fianco a Rachel vivono altri sfollati. Tutti hanno visto le stesse scene di orrore e sangue. «Sono rimasto traumatizzato e non dormo la notte», ricorda Yauba Sumbi. «Ho visto gente morire, persone sgozzate. Non riesco a superarlo». È scappato nel 2014 da Amchide, al confine con la Nigeria, con sua moglie e i suoi figli. Ma non tutti: «I Boko Haram sono arrivati all’improvviso sparando. Siamo dovuti scappare all’improvviso, nascondendoci nei boschi, camminando così tre giorni e tre notti. Due miei figli erano con noi, ma gli altri cinque non hanno fatto in tempo a fuggire. Non so se siano vivi o morti, in Nigeria o in Camerun. Solo Dio lo sa».

BOKO HARAM. Per quanto siano indeboliti e abbiano dovuto abbandonare il progetto di costruire un califfato islamico nel nord della Nigeria, i jihadisti continuano ad essere attivi sul territorio. Domenica hanno giustiziato con un colpo in testa otto cristiani di ritorno dalla chiesa nel villaggio di Kwamjilari, vicino a Chibok, dove sono state rapite circa 300 studentesse cristiane nel 2014. Lunedì invece hanno ucciso sei civili e tre soldati a pochi chilometri da Maiduguri, la città più importante del nord del paese.

@LeoneGrotti

Foto Ansa/Ap

Tags: Boko HaramcamerunCristiani PerseguitatiNigeriaTerrorismo Islamico
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