«Invece di fare a testate con Matteo [Renzi], che non avrebbe oggi alcun senso, anche perché è casomai nel loro campo che volano i colpi bassi, manteniamo la nostra autonomia, incalziamo, facciamo opposizione quando è necessario e insieme rispettiamo il patto riformatore, ma prima di tutto ricostruiamo il nostro vero profilo». Lo dice oggi in un’intervista al Foglio il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. Un dialogo a tutto campo in cui l’ex presidente del Consiglio affronta diversi temi, dal patto del Nazareno ai diritti per le coppie omosessuali e lo ius soli. E se per quel che riguarda la strategia politica il discorso di Berlusconi appare almeno avere una sua logica, per quel che riguarda gli scarti sul fronte delle unioni omosessuali mantiene forti elementi di discontinuità (e confusione) rispetto al recente passato.
IL PATTO CON RENZI. «Con il presidente del Consiglio – dice Berlusconi – ho stretto un patto politico di natura istituzionale. Punto. Era mio dovere farlo perché l’Italia ha bisogno di rinnovarsi e ripartire, e senza cambiamenti nell’assetto istituzionale riguardo al monocameralismo per l’approvazione delle leggi e al bipolarismo come sistema politico e ai poteri del Presidente del Consiglio e del Consiglio dei Ministri non c’è ripartenza possibile, né per governi di centrosinistra né per governi di centrodestra». Il patto con il leader del Pd, dice Berlusconi, non è la caricatura che ne fanno i suoi oppositori. «Il trasversalismo di Matteo Renzi tutto sommato nonostante forti limiti, è da considerarsi un progresso… Io ovviamente non sono renziano, questo è il succo della caricatura nemmeno troppo divertente che si fa della mia posizione. Spero semmai che il più giovane contraente impari qualcosa dall’esperienza del più vecchio contraente, cioè dal sottoscritto».
Un accordo, insomma, in cui sono contenute molte delle stelle polari del centrodestra che, infatti, è avversato dalla sinistra demagogica. Ora il punto da preservare è la governabilità, in modo che si possano fare le riforme, altrimenti «si torna traumaticamente e irresponsabilmente a votare, con chissà quale legge elettorale».
I NUOVI DIRITTI. Berlusconi, che si dice reaganiano, annuncia che a marzo ci sarà «una kermesse da sogno, nel senso che è ora di riprendere a sognare». I temi attorno cui sogna di riunire i moderati e i riformatori sono i suoi soliti cavalli di battaglia (fisco, impresa, giustizia giusta) cui si aggiungono tematiche come le unioni civili e ius soli. E se per quanto riguarda l’integrazione, la proposta berlusconiana è, per lo meno, comprensibile («deve essere realizzata con l’educazione e l’istruzione e la coesione culturale e civile, è una necessità della storia») per quel che riguarda i diritti civili, l’ex presidente del Consiglio assume una posizione ambigua. Prima si proclama «personalmente» a favore di una risoluzione attraverso «patti privati sanciti dal codice civile, più che da norme ad hoc», poi, però, si contraddice, tirando in ballo persino la Chiesa che su tali questioni «ha le sue incertezze». «Noi – dice Berlusconi – non possiamo attardarci su una posizione nullista, di chiusura totale alla questione dei diritti delle persone. […] Dobbiamo fare i conti con la realtà ed essere aperti a questa rivendicazione di diritti che non può incidere minimamente sul matrimonio tra uomo e donna, che deve continuare ad essere il fulcro di politiche pubbliche per la famiglia, è ovvio». Quindi? Quindi «sarà il nostro nuovo dipartimento per i diritti civili a decidere». Insomma, un colpo di qua e uno di là. Nessuna posizione culturale forte di partenza. Solo uno pseudo pragmatismo che porterà a Forza Italia qualche applauso in più e qualche consenso in meno.