Bavaglio e libertà di ciclostilare

Di Emanuele Boffi
08 Dicembre 2015
Il procuratore capo di Roma ha dettato una serie di regole in materia di intercettazioni per evitare che inutili «dati sensibili» finiscano nelle carte. Un’ottima idea (quasi)

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Dovendo iscrivere una figlia al liceo ho partecipato all’open day di una scuola della mia zona. Tra le varie “attività opzionali” presentate dagli studenti c’era il giornalino. Così ho letto l’editoriale di quello che deve essere il giovane direttore del foglio scolastico che, partendo dall’impegnativa domanda “cos’è il giornalismo?”, spiegava che in Italia i politici corrotti mettono il «bavaglio» alla stampa, i giornalisti sono cani da guardia della democrazia, le parole sono pietre, le intercettazioni indispensabili. Non ha concluso con «è la stampa, bellezza», ma c’è mancato poco.

Poi ho letto che Giuseppe Pignatone, procuratore capo di Roma, ha dettato una serie di regole in materia di intercettazioni per evitare che inutili «dati sensibili» finiscano nelle carte. Un’ottima idea, se non fosse che la circolare recita così: «La polizia giudiziaria e il pm eviteranno di inserire il contenuto di conversazioni manifestamente irrilevanti e manifestatamente non pertinenti ai fatti oggetti d’indagine».

Eccoci: in quell’avverbio c’è tutta la farina del diavolo. In Italia esistono già leggi che “manifestamente” dovrebbero evitare la pubblicazione di intercettazioni non pertinenti all’indagine. Non è solo un problema di regole, ma anche e soprattutto della “testa” di giudici e cronisti. Dal grande quotidiano al ciclostilato di classe, il giornalismo è diventato sinonimo di sputtanamento. E ce ne siamo talmente abituati che non ci rendiamo conto di essere diventati ormai solo degli spioni. “Manifestamente” anche parecchio stronzi.

Foto Ansa

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2 commenti

  1. Sebastiano

    “…Giuseppe Pignatone, procuratore capo di Roma, ha dettato una serie di regole in materia di intercettazioni per evitare che inutili «dati sensibili» finiscano nelle carte…”

    Magari, già che c’era, poteva anche dettare una serie di regole (o anche una sola) per evitare che – come avviene di solito – le carte passino dalle mani dei magistrati a quelle dei giornalisti e vengano pubblicate senza neppure passare per quelle degli indagati.
    Ma lo capisco, mica ti puoi fare nemica la claque gaudente e gratuita.

  2. Puteo

    Ok ma in Italia non c’è solo il “filtro” rappresentato dal magistrato, ma anche dall’Ordine dei giornalisti, quest’ultimo dovrebbe vigilare sulla professionalità e sulla deontologia dei suoi iscritti, fare linee guida e anche intervenire per vigilare che queste vengano rispettate.

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